Il tempo degli esami è anche per me, come insegnante, un tempo difficile, non tanto per le ore trascorse ad ascoltare gli studenti o per gli adempimenti burocratici, ma per la tensione che personalmente vivo durante le prove. Confesso che ho sempre il timore di trovarmi davanti a un vuoto di memoria dello studente, a un momento di panico o a un tentativo maldestro di nascondere l’impreparazione.
Mi capita sempre più spesso infatti di trovarmi davanti a dei giovani molto fragili, o forse semplicemente sensibili, che fanno fatica a vivere il momento della valutazione, quello in cui sono chiamati a dimostrare la loro preparazione. Sebbene in genere, almeno nel mio contesto, non si tratti di situazioni che possono pregiudicare il futuro di una persona, ho l’impressione che gli studenti vivano male le occasioni di verifica, in cui devono essere in qualche modo giudicati.
È come se non fossero abituati a ricevere osservazioni, critiche, consigli su come migliorare i propri risultati. Questa condizione è probabilmente anche il risultato di come sono stati educati: se ognuno di noi pensa di essere sempre il cucciolo o la principessa o il campione, difficilmente accetterà che qualcuno possa osare anche soltanto suggerire la possibilità di crescere su alcuni aspetti. Correzioni e bocciature sono percepite come attacchi personali che ledono la dignità della persona.
Per fortuna ci sono anche genitori che aiutano i figli a guardare con obbiettività ai propri successi, ma anche ai propri limiti, accettando gli eventuali fallimenti. Paradossalmente, è proprio questa consapevolezza cha aiuta a crescere.
Da parte nostra, come insegnanti e come genitori, abbiamo bisogno di fare i conti con la nostra insicurezza, con la nostra paura di perdere l’affetto e la stima dei figli o degli studenti, dobbiamo fare i conti con il timore che la nostra immagine possa essere deturpata dai giudizi sulla nostra presunta durezza o insensibilità. In altre parole, nella fragilità e nella debolezza dei nostri ragazzi vediamo, come in uno specchio, il riflesso dei nostri nodi irrisolti.
Cominciamo quindi a crescere noi adulti nella nostra autostima e in questo modo potremo accompagnare in modo più onesto e autentico il cammino dei più giovani, senza proiettare su di loro le nostre frustrazioni.