La dichiarazione Schuman, Parigi, 9 maggio 1950.
L'Europa festeggia sè stessa il 9 maggio perché quel giorno, nel 1950, a Parigi, il Vecchio Continente gettò basi concrete per un futuro di pace, sviluppo ed equità. Nacque quella che, di passaggio in passaggio, è diventata l'Unione europea. Alti ideali s'intrecciarono ad astuzie politiche. Utopia e qualche trucco, insomma. Le idee, innanzitutto. L'Europa stava ancora spostando le macerie della Seconda guerra mondiale: tendere la mano ai nemici sconfitti, far sì che la Germania non venisse frazionata in tanti piccoli staterelli e umiliata oltre misura, ma - soprattutto - mettere in comune le basi dell'economia industriale di allora era il cuore politico-economio del cosiddetto piano Schuman ispirato da Jean Monnet che generò la Ceca, la Comunità economica del carbone e dell'acciaio, primo nucleo dell'Unione europea.
C'è appunto una data storica. Ed è proprio il 9 maggio 1950. Robert Schuman (1886-1963) è ministro degli Esteri del Governo francese guidato da Georges Bidault (1899-1983). A Parigi è convocato il Consiglio dei ministri. Schuman vuole presentare il suo Piano, ma sa anche che l'ostilità antitedesca è ancora molto forte in Francia e dunque teme che il suo piano venga bocciato. Da politico lungimirante, decide che prima di proporre il progetto della "Comunità del carbone e delll'acciaio" al Consiglio dei ministri francese, ha bisogno di avere il consenso preventivo della Germania, così affida ad un collaboratore di fiducia una lettera da portare al Cancelliere Konrad Adenauer (1876-1967). Costui, letta la missiva, chiama telefonicamente Schuman durante la seduta del Consiglio dei ministri francese, e annuncia l'assenso al progetto della Ceca da parte della Germania Federale.
Tra i membri del Governo solo due ministri fidati, René Mayer (1895-1972) e René Pleven (1901-93), sono messi al corrente da Schuman delle sue intenzioni. Verso la fine del Consiglio, quando i ministri sono ormai stanchi e distratti, mentre già s'avvicina l'ora di pranzo, Robert Schuman legge la dichiarazione che ha preparato e che illustra il progetto relativo all'ipotizzata "Comunità del carbone e dell'acciaio", chiedendo che venga approvato questo nucleo embrionale di Europa unita. Il Presidente del Consiglio, Georges Bidault, si rivolge agli altri ministri sollecitando un loro parere. Come concordato, prendono subito la parola sia Mayer che Pleven che perorano la causa della "Comunità del carbone e dell'acciaio", insistendo per la sua adozione immediata. Il Presidente Bidault non si oppone ed il progetto viene approvato. Mentre al Quai d'Orsay, la "Farnesina" di Parigi, si preparano sala, tavoli, sedie e microfoni per la conferenza stampa convocata per rendere di dominio pubblico l'adozione del nuovo progetto, la Germania Federale annuncia la sua adesione al Consiglio d'Europa.
Schuman legge la sua dichiarazione: «La pace mondiale non potrebbe essere salvaguardata senza sforzi proporzionali ai pericoli che la minacciano. L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. La fusione delle produzioni di carbone e di acciaio cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime».
Ecco perché l'Europa festeggia con orgoglio se stessa il 9 maggio. Quel giorno, nel 1950, Alcide De Gasperi (1881-1954), viene informato del progetto dall'ambasciatore italiano a Parigi, Pietro Quaroni. Il giorno dopo comunica l'adesione da parte dell'Italia al progetto della Ceca, aprendo in tal modo la strada alle adesioni successive di Belgio, Olanda e Lussemburgo. Con Konrad Adenauer e con Alcide De Gasperi, Robert Schuman ha in comune, oltre ad un'intensa, vissuta fede cristiana, anche la circostanza di essere un uomo proveniente da regioni di confine, la cui formazione culturale si sviluppa tra Paesi di lingua e costumi diversi. I tre statisti sono dotati di una sorta di connaturata propensione al dialogo ed all’incontro. Sono uomini che vivono con sobrietà e rigore. Sanno ascoltare. Sono loro i padri dell'Europa.
Se nacque vincendo le paure e seppellendo le frontiere, oggi l'Europa rischia di perdersi a causa delle paure e delle frontiere. Il punto di partenza, economico, diventò subito anche politico (i confini non più barriere inviolabili; le istituzioni nazionali sovrane, sì, ma fino a un certo punto), sociale (i popoli finalmente fratelli, non nemici), psicologico (la paura dell'altro riconosciuta come limite da superare, e non spesa come moneta elettorale). Ciò che - prima e più del Covid-19 - ha danneggiato l’Europa è stata ed è la mancanza di coraggio che ha portato (e rischia ancora di portare) a barattare un progetto di più ampio respiro con immediati tornaconti elettorali. Si preferisce la via del populismo e del localismo. In alcuni Paesi questa tendenza è radicata e ricorrente, basti sfogliare le cronache politiche di casa nostra, ma anche di Francia, Austria, Ungheria e Polonia. Queste tendenze immettono nuovamente nel mercato della politica e dell'opinione pubblica un fattore che, nell’Europa del Novecento, il secolo breve e insanguinato, è stato pericolosamente decisivo, cioè l’elemento della paura. Alimentata da un pericoloso mix: crisi economica, boom dei flussi migratori, terrorismo, allarmi sanitari.
In questo contesto s'inserisce l'inizio della Conferenza sul futuro dell’Europa, che prende il via a Strasburgo proprio domenica 9 maggio, data simbolica, presenti il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente dell'Europarlamento David Sassoli, della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il premier portoghese Antonio Costa. Un percorso politico.culturale per raccogliere, mediante una piattaforma pubblica, proposte che ridisegnino l'Ue. «Pare auspicabile che non si punti soltanto all’ennesima opera di ingegneria istituzionale e che la democrazia, più che dal metodo partecipativo, venga sostenuta con la creazione di nuove costruzioni concrete atte a mettere in rete e valorizzare le tante esperienze di solidarietà positive esistenti, moltiplicandone la capacità di generare relazioni umane vitali e, con esse, maggiore speranza nel futuro», ha opportunamente osservato in un'analisi pubblicata dall'agenzia di stampa Sir Angiolo Boncompagni, esperto di politiche comunitarie, attivo anche a Rondine Cittadella della pace.« E occorre augurarsi anche che, in tal modo, lo spirito autentico dei padri fondatori, con la propria vocazione ricostruttiva e pacificatrice, torni a soffiare tra le strade ormai desolanti delle nostre antiche città».
E allora, buon compleanno Europa.