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venerdì 21 marzo 2025
 
quirinale
 

Perchè il discorso di Mattarella sull'università è come il lancio di un sasso nei Palazzi del potere

13/04/2024  Il Capo dello Stato ha ribadito l'autonomia degli atenei: studenti e professori sono cittadini del mondo. Le aule universitarie possono essere anche liberi centri del dissenso e un antidoto ai regimi nazionalisti o autocratici

Nel discorso di Mattarella all’Università di Trieste di ieri brilla la concezione degli atenei come libere isole di pensiero, fino alla possibilità di diventare centri del dissenso. Il ricordo dell’egemonia fascista negli atenei è ancora vivo.  Sulla Gazzetta Ufficiale del 28 agosto del 1931 apparve il regio decreto numero 1227 che all’articolo 18 obbligava i docenti universitari a giurare devozione «alla Patria e al Regime Fascista». Su 1225 professori solo 12 rifiutarono il giuramento pur sapendo di dover subire, quale inevitabile conseguenza, il licenziamento. Scrisse Gaetano Salvemini, a quel tempo già esule in Francia nel commentare quyel decreto: «La dittatura fascista ha soppresso quelle condizioni di libertà mancando le quali l’insegnamento universitario della Storia perde ogni dignità, perché deve cessare di essere strumento di libera educazione civile e ridursi a servile adulazione del partito dominante».

Il capo dello Stato, che prima di salire al Quirinale era docente universitario, ha parlato delle agitazioni negli atenei italiani e della loro dimensione internazionale: «Le Università sono sempre state luogo del libero dibattito, della critica e anche del dissenso nei confronti del potere. Dibattito, critica e dissenso collegati tra gli atenei di tutti i Paesi, al di sopra dei confini e al di sopra dei contrasti tra gli stati. Se si recide questo collegamento, questo prezioso scambio di riflessioni, di collaborazioni, di esperienze, non si aiutano i diritti, non si aiuta la libertà né la pace, ma si indebolisce la forza del dibattito, della critica e del dissenso. Si aiuta il potere, quello peggiore, che ha sempre cercato di tenere isolate le università del proprio Paese, di impedirne il collegamento con quelle oltre confine». Gli atenei – dove la polizia per tradizione non entra – sono visti come “poleis” della cultura. Gli studenti, i professori in un certo senso non sono italiani, restano cittadini del mondo. Nessuna ideologia nazionalista o populista può imbrigliarli. Sono i centri propulsori di un progresso sociale, antidoto alle autocrazie, ai totalitarismi e alle dittature.

 

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