Interrompo la serie sui sensi della salvezza per condividere con voi la domanda di un catecumeno che sto accompagnando qui a Lione.
È un giovane universitario, che arriva all’incontro con tante domande. Una delle prime che mi ha posto mi sembra significativa per l’evento che abbiamo appena commemorato: la Pentecoste. Parlando del Battesimo, infatti, Jérémy mi ha chiesto:
«Ci insegnate che con il Battesimo riceviamo lo Spirito Santo, ma quindi io non ce l’ho ancora lo Spirito?».
Nella mia risposta a Jérémy, ho evocato un celebre frammento di Pascal, che fa dire a Gesù:
«Consòlati, tu non mi cercheresti, se non mi avessi già trovato».
A dire che il nostro desiderio di incontrare Dio viene da Dio stesso, dalla sua opera in noi, dallo Spirito di Dio che ci ispira a vedere le sue tracce in noi, a sentire le sue vampate nei desideri del nostro quotidiano.
Ma la domanda rimane: se lo Spirito è in noi, perché dobbiamo riceverlo? È qui che ho presentato a Jérémy un’idea interessante di sant’Agostino: quella della qualità di presenza. Parto da un’analogia molto terra terra: io posso essere in un posto affollato, ma questa presenza è meramente fisica, perché la mia mente è altrove. Poi il mio sguardo cade su una persona che conosco e che stimo. Quella stessa presenza fisica viene “aumentata” perché qualificata dall’affetto e dai ricordi.
Supponiamo che con quella persona la relazione si approfondisca maggiormente: quella mia stessa presenza viene resa più densa e carica di significato. In modo analogo, possiamo dire che lo Spirito è presente dappertutto. Ma nel cuore umano – capace di atti di intelligenza, di volontà e di amore – è presente in una maniera differente, più intensa. Accade nel cuore dei santi che fanno spazio all’opera di Dio: questa presenza è più intensa, perché meno ostacolata. Ebbene, il sì del Battesimo, il sì della Cresima, il sì all’opera dello Spirito nella preghiera e nell’accettazione quotidiana della volontà di Dio non fa altro che eliminare gli ostacoli a questo Spirito che riempie la terra e che vuole in ogni istante vivificare sempre più la nostra vita con la Vita di Dio. La
Pentecoste, per noi già battezzati e cresimati, è un memoriale che ci ricorda che lo Spirito geme in noi e vorrebbe che questo gemito diventi respiro, canto e trasfigurazione del mondo per opera dello Spirito, tramite noi e non senza di noi. Dio non vuole far niente senza il nostro consenso nuziale, il sì al suo sì.