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domenica 09 febbraio 2025
 
La polemica
 

Perché l’università di Torino non collaborerà con Israele

22/03/2024  Il senato accademico dell'ateneo piemontese ha accolto - una parte - della richiesta di alcuni collettivi e associazioni che chiedevano di sospendere tutti gli accordi in corso con atenei e centri di ricerca israeliani

Stop a un bando di collaborazione con atenei israeliani per progetti scientifici e industriali «visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza». Lo stabilisce il senato accademico dell’Università di Torino. E la decisione solleva un vespaio di polemiche. Interviene perfino la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che parla di «scelta preoccupante». Sulla stessa linea, diversi esponenti della maggioranza di Governo. Insorge, inoltre, il presidente dell’associazione Setteottobre, Stefano Parisi, che bolla l’accaduto come «l’ennesima dimostrazione del clima di odio antisemita che sta montando con furia in Italia». Critiche arrivano anche dall’Unione delle Comunità Ebraiche italiane. Sul fronte opposto, plaudono alcuni dei movimenti e collettivi pro Palestina. Cerca invece di ridimensionare l’accaduto e di smorzare i toni il rettore dell’ateneo torinese, Stefano Geuna: «Nessun boicottaggio. Si tratta di una decisione su un bando specifico. Gli altri progetti di collaborazione con Israele restano in piedi». Per provare a ricostruire l’accaduto è opportuno fare un passo indietro, che prescinda da ogni presa di posizione ideologica. Al riguardo, abbiamo sentito due fonti all’interno del Senato Accademico: una favorevole alla decisione e una contraria.  

Tutto è iniziato martedì scorso, in mattinata, quando, durante una riunione del Senato Accademico, alcuni studenti e dottorandi appartenenti a diversi movimenti pro Palestina sono entrati nella sede del rettorato e hanno preso la parola, leggendo alcuni proclami che invitavano a boicottare le collaborazioni con Israele. Qualche commentatore ha poi parlato di “pressioni” e perfino di “irruzione”. «In realtà sono situazioni che qui a Torino conosciamo e che sappiamo gestire» dice Gianluca Cuniberti, direttore del Dipartimento di Studi Storici. «I lavori sono stati interrotti per alcuni minuti, ma poi sono ripresi regolarmente». Da quel primo contatto, gli studenti hanno chiesto e ottenuto un nuovo confronto, più informale, che si è tenuto nel primo pomeriggio. «È stato un momento di dialogo sereno, nel quale tutti hanno potuto esprimere il proprio punto di vista» riferisce ancora Cuniberti. Dopodiché il senato accademico è tornato a riunirsi e il dibattito si è concentrato su un bando, istituito dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Maeci), relativo alla collaborazione con atenei israeliani, per alcuni progetti di sviluppo scientifico e industriale. E’ stata messa ai voti una mozione che prevede di interrompere, per l’anno in corso, la partecipazione al bando. Quasi tutti i presenti (una quarantina in tutto, tra rappresentanti di docenti, studenti e personale amministrativo) ha votato a favore. Due gli astenuti, un solo parere contrario. «Ci è sembrato che, visto il perdurante stato di guerra, non fosse opportuno aderire al bando» spiega ancora Cuniberti «Va però precisato che nessun altro progetto di collaborazione con partner israeliani è stato sospeso o messo in discussione». Dunque «nessun boicottaggio accademico». Semmai una presa di posizione «per stimolare e chiedere con insistenza che si lavori a un processo di pace». Secondo il direttore del dipartimento di Studi storici, l’accaduto va letto in una dimensione più ampia. «C’è, e non da oggi, una parte di studentesse e studenti che pone all’attenzione degli organi di ateneo temi urgenti, davanti ai quali non possiamo chiudere gli occhi». 

Di parere opposto la direttrice del Dipartimento di Matematica, Susanna Terracini, la sola a esprimere parere contrario sulla mozione. «Pur convinta della buona fede dei colleghi e del loro desiderio di trovare una mediazione, credo che sospendere la partecipazione al bando sia stato un errore. Penso invece che il confronto fra scienziati vada tenuto aperto sempre, anche nei momenti più bui e di maggior tensione. Solo così, infatti, è possibile costruire un dialogo capace di affrontare, e magari smontare, qualcuno dei pregiudizi e dei tentativi di demonizzazione presenti da entrambe le parti. Ho tenuto una posizione analoga nei confronti degli scienziati russi, all’esplodere del conflitto in Ucraina». «Sono anch’io sconvolta da quanto sta accadendo nella striscia di Gaza» prosegue Terracini «però non credo che il boicottaggio accademico, anche se, come in questo caso, parziale, sia lo strumento giusto. La cultura della pace passa per altre vie e una di queste è proprio la condivisione, a livello internazionale, di valori universali. Penso anche che si debba essere più attenti nell’uso delle parole. La situazione a Gaza è indubbiamente una tragedia umanitaria. Però il termine “genocidio”, evocato anche in alcuni degli interventi di martedì scorso, è inopportuno, come inopportuno è ogni tentativo di semplificare una realtà incredibilmente complessa». Va sottolineato, infine, che il bando Maeci ha, più di altri, attratto le critiche dei collettivi studenteschi, i quali hanno ravvisato, nei progetti scientifici e industriali in questione, il rischio di “doppio uso” (civile e militare) delle tecnologie sviluppate. Una tesi, questa, alla quale Terracini si oppone: «Premettendo che, purtroppo, qualsiasi tecnologia può essere usata per fini contrapposti, non vedo rischi di uso bellico nei progetti in questione».

 

In copertina la bandiera palestinese appesa nalla sede del rettorato dell'università di Torino durante una manifestazione 

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