FRANCESCO S. - A Dio non si possono attribuire le disgrazie, ma Isaia, in altri tempi, in un altro contesto e cultura, si esprime così: «Io faccio il bene e provoco la sciagura; io, il Signore, compio tutto questo» (Is 45, 5-7).
«In altri tempi, in altro contesto, in altra cultura», l’Antico Testamento si esprime nei termini sopra riportati e non solo in questi versetti del profeta. Dio, in quanto tale e autenticamente inteso, anche se la sua essenza e il suo volere restano imperscrutabili, non può volere e compiere alcuna forma di male. In questo senso dobbiamo distinguere fra la “volontà iussiva” di Dio, ossia ciò che direttamente vuole e compie, e “volontà permissiva”, ossia ciò che accade nell’universo e nella storia non direttamente imputabile al suo esplicito volere. Quando allora troviamo espressioni che sembrano attribuire le disgrazie alla divina volontà, dobbiamo saperle interpretare, soprattutto alla luce del Nuovo Testamento, intanto come realtà che Dio permette, ma non vuole direttamente, e poi nell’orizzonte del suo disegno di amore, che saprà trarre il bene anche dal male e redimere il dolore, così come avvenuto nella passione, morte e risurrezione del Signore Gesù.