Due
bare distese una accanto all'altra. Una grande e scura, l'altra più
piccola e bianca, e un numero inciso sopra: 369. A piazza
Montecitorio la comunità eritrea ha scelto così di ricordare al
governo italiano la strage di Lampedusa.
La manifestazione del 25
ottobre è nata per contestare la gestione dei funerali della strage
del 3 ottobre scorso, ma anche per chiedere un impegno serio
all'Italia sul fronte dell'immigrazione: dalla revisione della legge
Bossi-Fini alla definizione di una legge sull'asilo. "I
profughi: vittime di una società barbara e innocente", si
leggeva nello strincione affisso sotto la piazza del Parlamento. E
ancora "Mediterraneo mare di morte, Eritrea Paese di morte",
"Abbasso i mercanti di morte", recitavano altri cartelli. Mentre tutti i partecipanti indossavano una maglietta nera con su
scritto: "L'unico responsabile della tragedia di Lampedusa è il
regime di Afewerki".
«Abbiamo
deciso di organizzare questa manifestazione per contestare l'Italia e
il modo in cui ha gestito la situazione»,
ha spiegato Desbele Mehari, uno dei promotori. «Prima
di tutto per quanto riguarda i funerali delle vittime di Lampedusa.
Prima l'Italia ha annunciato funerali di Stato, poi le esequie sono
state svolte, quasi di nascosto ad Agrigento, dove parenti e amici
per il poco preavviso non sono potuti andare. E soprattutto non hanno
permesso ai superstiti di partecipare, ma hanno invitato
l'ambasciatore eritreo. È
una cosa assurda e scandalosa, perché questo signore rappresenta il
governo eritreo che è invece il primo responsabile della strage.
L'Italia non dovrebbe intrattenere rapporti diplomatici con regimi
dittatoriali come quello di Isaias Afewerki».
Al
centro della protesta anche la gestione dell'accoglienza in Italia.
La comunità eritrea chiede di sapere che fine faranno i superstiti
di Lampedusa, ma soprattutto che indirizzo intende prendere l'Italia
sulla gestione dei profughi.
«Chiediamo
che si apra un corridoio umanitario nei Paesi di partenza e di
transito dei migranti»,
ha aggiunto Mehari. «Altrimenti
questo disastro si ripeterà anche in futuro, ci sono migliaia di
giovani in Eritrea che aspettano di imbarcarsi. Poi vogliamo capire
che futuro avranno i superstiti della strage. Se l'Italia non è in
grado di dargli accoglienza devono poter andare negli altri Paesi,
dove possono ottenere i loro diritti, come la Svezia, che si è già
resa disponibile. Infine vogliamo la revisione della legge Bossi-Fini
e che l'Italia si doti di una legge sull'asilo per essere al passo
con gli altri Paesi europei».
Al
presidio sono giunti eritrei provenienti dalle diverse città
d'Italia. A seguire una delegazione è stata ricevuta dalla
presidente della Camera Laura Boldrini, la ministra dell'integrazione
Cècile Kyenge da un rappresentante del ministero degli Esteri.
Il
presidio era iniziato con una commemorazione funebre per ricordare la
tragedia di Lampedusa. Alcuni rappresentanti hanno portato
simbolicamente a spalla le bare di cartone, e officiato un rito
funebre in diverse lingue. Poi un corteo silenzioso ha attraversato
piazza Montecitorio.
Tra
le richieste presentate alle istituzioni: un protocollo chiaro per
l'identificazione e la restituzione ai familiari dei corpi delle
vittime di Lampedusa, l'apertura di un'inchiesta per accertare se ci
sono dei responsabili della tragedia e un impegno serio per un
accesso protetto in Italia e in Europa, e per un'accoglienza degna.
Tra
i tanti partecipanti alla manifestazione, Magda, 21 anni, partita
stamattina da Milano per essere a Roma. «In
tanti volevamo essere qui, siamo venuti con due pullman»,
ha raccontato la ragazza,
nata in Italia da genitori eritrei. «Vogliamo
lanciare un atto d'accusa verso il governo eritreo, vero responsabile
di queste morti, ma anche verso il governo italiano che non prende le
distanze da questa dittatura».
Riguardo
all'incontro con Laura Boldrini, don Mussie Zerai (che guidava la
delegazione che ha incontrato la Presidente della Camera insieme a
Ribka Sibhatu e ad Alganesh Fessaha, presidente dell'associazione
Gandhi) ha riferito che «la
Presidente Boldrini ha ascoltato tutte le nostre richieste e si è
impegnata a portarle in Parlamento. In particolare si è impegnata a
spingere l'Italia verso un percorso di vera accoglienza, compresa la
fattibilità di un corridoio umanitario per far arrivare i profughi
in condizioni di legalità». «Il
suo impegno, come il nostro»,
ha aggiunto, «è
quello di cercare soluzioni per evitare che altre persone si mettano
in mare in condizioni poco sicure e vadano così incontro alla
morte».
Alganesh
Fessaha ha ringraziato «i
cittadini di Lampedusa che hanno accolto i nostri eritrei»,
mentre ha espresso «vergogna
per le mancanze del governo italiano».
«Quando
hanno chiesto di partecipare ai funerali scrivendo anche al prefetto,
nessuno gli ha risposto»,
ha sottolineato. «Hanno
fatto lo sciopero della fame e chiesto di essere trasferiti dal
centro di Lampedusa ma fino a ieri non c'è stata nessuna risposta.
Non vogliamo che altra gente muoia ancora nell'indifferenza,
abbandonata da tutti».