Da gennaio si sono aperte a Ginevra le celebrazioni per il 70° anniversario del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), principale raggruppamento di Chiese cristiane su scala mondiale (cui la Chiesa caolica partecipa da osservatrice).
Durante la sua settima assemblea, tenuta a Canberra (Australia) nel 1991 sul tema Vieni, Spirito Santo, rinnova l’intera creazione, fra le relazioni introduive ci fu quella della teologa presbiteriana sudcoreana Chung Hyun Kyung. Che parlò dello Spirito in termini così innovativi da suscitare tra i presenti non poche proteste: in particolare fu la componente ortodossa a cogliervi un cedimento al sincretismo, più che un’inculturazione del credo cristiano, e il segno della profonda crisi che il movimento ecumenico stava attraversando. In quella crisi, che raggiunse anche i grandi media, è possibile cogliere tutta la fatica, ma anche la necessità, del lavoro (spesso oscuro) fatto nei suoi 70 anni dal Cec. Che ha avuto fra l’altro il merito di portare all’attenzione dell’opinione pubblica l’irruzione di quella che P. Jenkins ha chiamato la Terza Chiesa.
Mentre la sua ultima assemblea, a Busan (Corea del Sud), nel 2013, ha evidenziato il ruolo cruciale dell’Asia nel panorama geopolitico dell’odierno cristianesimo, ormai sempre più globale. E se dall’incontro fondativo di Amsterdam (1948) i partecipanti si lasciarono dichiarando l’intenzione di stare assieme, nel testo conclusivo di Busan si proclama l’intenzione di muoversi assieme; e di «condividere l’esperienza della ricerca dell’unità fatta in Corea come segno di speranza per il mondo». Rinviando all’idea di madang, tradizionale cortile coreano che collega le diverse parti di una casa, luogo di discussione e centro della vita familiare e di comunità: fino a immaginare il nostro pianeta come un potenziale madang.
(foto Ansa, articolo pubblicato originariamente su Jesus di marzo 2018)