Figlio unico, venticinque anni, diploma professionale. Quando prende un lavoro, sembra un dio, ma poi molla o si fa licenziare.
Vive alla grande, lascia debiti dappertutto e poi ci chiede di tappargli i buchi che lascia. Ha voluto uscire di casa perché non sopportava “due formichine” come noi. Gli abbiamo intestato un monolocale di nostra proprietà, lui lo tiene malissimo, pretende che vada a fargli le lavatrici...
E chiede sempre soldi e soldi. Per una volta che uno di noi genitori cede, l’altro si indigna e offende e viceversa quando è lui a cedere… siamo disperati. E abbiamo solo questo figlio...
Due genitori falliti
Rispsta di Mariateresa Zattoni
— Ed ecco il primo errore, cari “genitori falliti”: identificarvi con la riuscita di vostro figlio... e così gli date potere, come vedremo in seguito. Per ora attestiamoci sui vostri sogni che voi descrivete “infranti”: è vero, ogni genitore sogna il meglio per un figlio; per usare un’immagine: gli appende sul capo il cappello dei propri desideri, sogni, attese e magari spera e immagina che il figlio diventi meglio di lui. Anzi, che il figlio realizzi ciò che lui genitore non è stato. Sogni legittimi, ma... irrealizzabili. Per ogni genitore: ripeto ogni genitore, anche il migliore.
Non esiste genitore – per quanto bravo – che realizzi tutti i suoi sogni sul figlio. Allora non si tratta di non sognare, ma semplicemente di non sentirsi falliti perché i sogni non si realizzano! Se poi voi, come riconoscete, spesso vi siete reciprocamente addebitati la causa del fallimento, allora il rischio per vostro figlio è stato quello di sfuggire alla realtà, di restare concentrato sui vostri litigi e usarli per i suoi interessi. Ma questa – mi raccontate – è stata una fase: ora siete uniti più che mai e prima di agire avete imparato a consultarvi tra voi.
Vi apprezzo molto. Però ora il figlio non si degna di accettare la realtà: cioè di lavorare per vivere. Lui vuol vivere alla grande e voi siete due professionisti che possono ben aiutarlo tutte le volte che lui si trova con le mani bucate e non ha più chi gli fa credito. Una volta vi ha perfino raccontato che “amici” volevano picchiarlo perché lui non saldava i suoi debiti. E voi pronti a spaventarvi, a fare assegni, a fargli promettere che manterrà il prossimo lavoro. Lui promette, pur di avere i soldi, e poi ricomincia da capo: la mamma gli cerca lavoro (dice di essere diventata esperta!) e lui si presenta e poi molla. Troppa fatica. Troppo poco il guadagno, meglio una bella bevuta e qualche spinello, così passa tutto. Capite anche voi che questo figlio ha bisogno di un bagno di realtà.
Costi quel che costi. Costa molto, moltissimo e ben più di un assegno: costa dargli un ultimatum, al quale per primi dovete credere voi: “Al prossimo lavoro che mollerai, ricorda che non verremo in tuo soccorso. Ti lasceremo per strada. Perché ti amiamo”. Credete nella forza del vostro amore!