Uno dei momenti più geniali dello spettacolo in scena al Teatro Costanzi di Roma fino al 24 giugno.
Per chi mette in scena “Il viaggio a Reims", quartultima opera teatrale di Gioachino Rossini, la sfida è quella di rendere interessanti e avvincenti tre ore di musica, in un atto unico, nelle quali accade poco o nulla. L’opera, definita “dramma giocoso”, fu commissionata a Rossini in occasione della incoronazione del re di Francia Carlo X, prevista a Reims nel giugno del1825. Rossini compose una cantata celebrativa, basata sul libretto di Luigi Balocchi. Un gruppo di invitati ala incoronazione, diretti a Reims, fa sosta alle terme di Plombières, ma per un contrattempo non riescono a continuare il viaggio. La permanenza forzata scatena rivalità, amori e schermaglie fra il gruppo di ospiti. Questi, fra madame, nobili e cavalieri sono bene caratterizzati: la francese, il russo, lo spagnolo, l’inglese, il tedesco, la polacca… Rossini si trova su un piatto d’argento l’occasione per inventare spassose parodie stilistiche e creare momenti fra i più divertenti della sua produzione teatrale. Basti pensare all’irresistibile “Gran pezzo concertato a 14 voci”. Finita nel dimenticatoio, la cantata fu riscoperta all’inizio degli anni Ottanta e rappresentata al Festival rossiniano di Pesaro nel 1984, con uno spettacolo memorabile firmato da Luca Ronconi e Claudio Abbado.
Nello spettacolo che ha debuttato con grande successo il 14 giugno al Teatro dell’Opera di Roma, il direttore d’orchestra Stefano Montanari e il regista Damiano Michieletto trovano l’intesa perfetta per creare uno spettacolo altrettanto memorabile. Un trionfo di leggerezza e allegria che ha allietato la serata del pubblico accorso al Teatro Costanzi in una calda serata estiva (ma per fortuna l’impianto di condizionamento della sala funziona a meraviglia).
“Il materiale musicale è molto divertente, ci sono un sacco di personaggi e un sacco di movimento già nella struttura della composizione. Ci sono delle cose che lasciano a bocca aperta”, dice Montanari, il quale anche alla “prima” non ha rinunciato al suo look da direttore “rock”: anelli alle dita, t-shirt, stivaletti, orecchini. Montanari, che è un ottimo violinista (acclamate le sue interpretazioni di Corelli e Bach), dirige e accompagna con brio i recitativi al fortepiano. Quando Montanari deve mettere le mani sulla tastiera come fa a liberarsi della bacchetta? Semplice, con un gesto rapidissimo il maestro la infila fra la schiena e la maglietta, per poi riacciuffarla con un guizzo della mano quando c’è da far scattare l’orchestra. Ma al di là dell’immagine alternativa, quanta sostanza e che musicalità.
Damiano Michieletto inventa uno dei suoi spettacoli più belli, già visto ad Amsterdam, ma ancora inedito in Italia. “Nel Viaggio a Reims”, spiega il regista veneziano, “la drammaturgia non è sviluppata come una era e propria narrazione. Ho pensato che fosse importate creare le condizioni perché gli interpreti avessero dei personaggi e delle situazioni teatrali più forti e più coinvolgenti. Perciò ho scelto di creare un mondo immaginario in un museo, con personaggi dei nostri giorni e con dei personaggi storici alla ricerca del proprio dipinto”.
Le trovate sono continue. Strappa al pubblico un lungo applauso a scena aperta l’idea di far vivere accanto ai quadri che li raffigurano celebri protagonisti della pittura (Van Gogh con l’orecchio mozzato, l’uomo con il volto nascosto da una mela di Magriite, l’Infanta Margarita Teresa di Velasquez…).
Michieletto, come sempre, si lascia guidare dal libretto, ma ignora le didascalie del librettista. “Le didascalie”, spiega, “mi fanno venire in mente i cartelli gialli che nella mia Venezia indicano ai turisti Piazza San Marco o il Ponte di Rialto. Tutti seguono i cartelli e si intasano nelle calli. Io invece preferisco perdermi, perché ti trovi in posti inattesi e questo stimola la creatività”. Così a volte si può restare un po’ spiazzati, ma alla fine, come in questo “Viaggio a Reims", tutto ritrova un senso.
Michieletto non lascia al caso ogni aspetto della recitazione e i cantanti danno il meglio nei loro movimenti sulle scene disegnate da Paolo Fantin. Da ricordare, fra i tanti momenti dello spettacolo, il duetto, in una sala del museo immaginario, fra Corinna (Mariangela Sicilia) e il Cavalier Belfiore (Juan Francisco Gatell). Non ci si stancherebbe mai di rivederlo e riascoltarlo.
Applausi e ovazioni per tutti e calorosi complimenti a Michieletto dai suoi colleghi Paolo Taviani e Mario Martone, presenti alla “prima”. Proprio Martone e Michieletto saranno i registi delle prossime aperture della stagione a Milano e a Roma. Martone firmerà “Andrea Chenier” di Giordano il 7 dicembre alla Scala e Michieletto “La damnation de Faust” di Berlioz al Teatro dell’Opera.
“Il viaggio a Reims” si replica al Teatro Costanzi fino al 24 giugno. La recita del 22 giugno sarà trasmessa in diretta su Radio3 e in differita su Rai5.