Sopra e in alto Maria Perrotta. In basso: il suo Cd.
C’è chi comincia salendo le colline e chi sceglie di scalare l’Everest. Maria Perrotta, pianista calabrese passata agli onori delle cronache non musicali per aver suonato in pubblico poco prima che nascesse la sua secondogenita, ha scelto la seconda via. E debutta per l’etichetta Decca con le tre ultime Sonate di Ludwig van Beethoven eseguite e registrate dal vivo. L’Everest dell’interpretazione, appunto.
Ma a lei viene tutto naturale: «La mia storia inizia prestissimo. Diciamo che sono stata una bambina prodigio. E la mia insegnante, a Cosenza, ha subito investito molto su di me bambina. Tanto che ad 11 anni ho debuttato accompagnata dall’orchestra nella mia città. Però dopo i primi concorsi, ho deciso di dedicarmi solo allo studio. E’ stato un periodo di raccoglimento. Poi mi sono trasferita a Milano, ho studiato a Parigi, a Imola. Vivo ormai a Parigi. A Cosenza sono ancora legata, ma torno solo per qualche concerto: il prossimo sarà a maggio». Come mai Parigi?, le chiediamo pensando voglia fare l’emigrata di lusso. «Il mio è un trasferimento d’amore. Mio marito è baritono nel coro dell’Opera Bastille: prima lavorava al Maggio Musicale di Firenze» (è stato vittima dei “tagli alla cultura”, ndr).
Sarà felice di stare lì: «A Parigi mi godo la città, l’attività intensissima. E mi colpisce per esempio il sostegno fortissimo agli autori contemporanei. Ho anche suonato, ma soprattutto in serate private, da salotto, lì si usano ancora. Alla moda di Chopin, aggiungiamo noi».
La vocazione di Maria è partita da Bach e dalle esecuzioni di Glenn
Gould: «Glenn Gould è stata per me una rivelazione: e oltre a se stesso
mi ha rivelato Bach. Poi mi sono allontanata dall’artista, ma non da
Bach. Per me la cosa più esaltante è la sensazione di poterlo manipolare
in mille modi. Perché la sua musica è qualche cosa di assoluto, ed è
come un organismo vivente. Ed ogni volta che torno sulle stesse opere ho
la sensazione di poterle vedere da altre prospettive. Per questo Bach è
la libertà, fermi restando ovviamente i vincoli stilistici. E poi in
Bach il senso della musica ha a che fare con lo spazio, mentre nella
musica romantica, penso a Chopin, è più la dimensione del Tempo a
colpirmi come interprete».
Invece le ultime sonate di Beethoven che ora
la lanciano nel grande mercato discografico, che sensazione le danno? «Di
essere a contatto con la materia viva e di percorrere una dimensione
temporale intima dell’autore. Perché aprono la grande stagione
romantica, e ciascuna di esse è un percorso compiuto, nel quale la
divisione di movimenti è come una cornice che viene annullata in favore
di una grande unità psicologica. Ecco, in questo Beethoven c’è lo
spazio, ma c’è anche il Tempo. E ciò che le rende spirituali è il fatto
che l’idea che le anima, che poi è il sentimento dell’autore, è
perfettamente aderente alla forma. Credo che le sonate siano anche un
confronto aperto, un monumento col quale misurarsi di volta in volta».
Avrà altri sogni, da affrontare con…. naturalezza Maria Perrotta? «Vivo di
sogni più che di progetti concreti. Sto preparando le Sonate di guerra
di Prokofiev. Ho una grande passione per Schubert, mentre con Chopin ho
un rapporto più conflittuale». Lei ha due figlie, una di 13 ed una
piccola, di 3. Può certamente consigliare ai lettori di Famiglia
cristiana cosa fare ascoltare ai piccoli, visto che l’ultima nata
sentiva la musica nella sua pancia mentre lei la suonava in pubblico: «La
figlia grande suona il violoncello. Ed ad entrambe ho fatto ascoltare
qualsiasi cosa. Questo è il mio consiglio. Poi mi viene magari in mente
Mozart, per esempio Le nozze di Figaro. Ma dovendo indicare un titolo
scegliere il Magnificat di Bach».