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venerdì 31 marzo 2023
 
udienza
 

«Pregare non è una passeggiata»

12/05/2021  «Non si tratta solo di gioia, ma anche di fatica, come tutta la vita cristiana», dice Francesco tornando alle udienze in presenza. «Dobbiamo però mantenere lo sguardo a Dio perché lui, anche quando non lo sentiamo, è sempre vicino a noi»

Torna alle udienze in presenza, papa Francesco. Incontrando i fedeli nel cortile di San Damaso ringrazia il «coraggio di monsignor Sapienza» che ha insistito perché il Pontefice svolgesse di nuovo le sue catechesi davanti alla gente. «Non è bello parlare davanti al niente», dice Francesco sottolineando come sia una «gioia vedere ognuno di voi perché guardarci ci aiuta a pregare gli uni per gli altri».

Ed è la preghiera il tema di questo mercoledì, anzi «il combattimento della preghiera». Essa, spiega il Papa, come tutta la vita cristiana «non è una “passeggiata”. Nessuno dei grandi oranti che incontriamo nella Bibbia e nella storia della Chiesa ha avuto una preghiera “comoda”. Essa certamente dona una grande pace, ma attraverso un combattimento interiore, a volte duro, che può accompagnare periodi anche lunghi della vita». Pregare, dice più volte Francesco, non è una cosa facile E anzi, ogni volta che vogliamo farlo, «capita anche a me», ci sembra che qualche altra cosa sia più urgente. «Quasi sempre, dopo aver rimandato la preghiera, ci accorgiamo che quelle cose non erano affatto essenziali, e che magari abbiamo sprecato del tempo. Il Nemico ci inganna così». Tutti gli uomini e le donne di Dio hanno sperimentato non solo la gioia della preghiera, che dà pace, ma anche «il fastidio e la fatica che essa può procurare: in qualche momento è una dura lotta tenere fede ai tempi e ai modi della preghiera. Qualche santo l’ha portata avanti per anni senza provarne alcun gusto, senza percepirne l’utilità. Il silenzio, la preghiera, la concentrazione sono esercizi difficili, e qualche volta la natura umana si ribella. Preferiremmo stare in qualsiasi altra parte del mondo, ma non lì, su quella panca della chiesa a pregare. Chi vuole pregare deve ricordarsi che la fede non è facile, e qualche volta procede in un’oscurità quasi totale, senza punti di riferimento. Ci sono momenti della vita della fede che sono oscuri e questo qualche santo la chiama la notte oscura», ma bisogna continuare a pregare. Lo stesso Catechismo elenca una serie di «nemici della preghiera. Nemici esterni che ci fanno dubitare dell’Onnipotenza di Dio: «Ma perché Dio sta in silenzio? Se Dio è onnipotente potrebbe dire due parole e finire la storia. Davanti all’inafferrabilità del divino, altri sospettano che la preghiera sia una mera operazione psicologica; qualcosa che magari è utile, ma non vera né necessaria: e si potrebbe addirittura essere praticanti senza essere credenti e così via». I peggiori nemici, però, sono quelli «dentro di noi. Il Catechismo li chiama così: “Scoraggiamento dinanzi alle nostre aridità, tristezza di non dare tutto al Signore, poiché abbiamo ‘molti beni’, delusione per non essere esauditi secondo la nostra volontà, ferimento del nostro orgoglio che si ostina sulla nostra indegnità di peccatori, allergia alla gratuità della preghiera»”». Un elenco che potrebbe essere allungato. Ma c’è modo per superare queste tentazioni. I grandi maestri dell’anima avevano «ben chiara la situazione che abbiamo descritto. Per superarla, ognuno di essi ha offerto qualche contributo: una parola di sapienza, oppure un suggerimento per affrontare i tempi irti di difficoltà. Non si tratta di teorie elaborate a tavolino, quanto di consigli nati dall’esperienza, che mostrano l’importanza di resistere e di perseverare nella preghiera». Papa Francesco ricorda gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio e anche la perserveranza nella preghiera di un padre che lui ha conosciuto che invocava la guarigione, poi ottenuta, della figlia morente aggrappato alla grate dell abasilica della protettrice dell'Argentina. Perseveranza, infatti, è la parola chiave. «Nei tempi di prova è bene ricordarsi che non siamo soli, che qualcuno veglia al nostro fianco e ci protegge. Anche Sant’Antonio abate, il fondatore del monachesimo cristiano, in Egitto, affrontò momenti terribili, in cui la preghiera si trasformava in dura lotta». Il Pontefice ricorda quanto narra il biografo Sant’Atanasio: «Antonio fu turbato da quella prova, ma resistette. Quando finalmente tornò il sereno, si rivolse al suo Signore con un tono quasi di rimprovero: “Dov’eri? Perché non sei venuto subito a porre fine alle mie sofferenze?”. E Gesù rispose: “Antonio, io ero là. Ma aspettavo di vederti combattere”».

Gesù, conclude Francesco, «è sempre con noi: se in un momento di cecità non riusciamo a scorgere la sua presenza, ci riusciremo in futuro. Capiterà anche a noi di ripetere la stessa frase che disse un giorno il patriarca Giacobbe: “Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo”. Alla fine della nostra vita, volgendo all’indietro lo sguardo, anche noi potremo dire: “Pensavo di essere solo, invece no, non lo ero: Gesù era con me”».

 
 
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