(Foto Reuters: manifestanti a sostegno dell'ex presidente Vizcarra con la bandiera peruviana, il 14 novembre a Lima)
Il Perù è sprofondato nel caos. A lacerare il Paese andino non basta la pandemia del Covid-19 - che ad oggi ha raggiunto la quota di quasi 935mila contagiati e superato i 35mila morti, dati che lo collocano al terzo posto nel mondo per numero di morti ogni 100mila abitanti - ma si aggiunge anche la grave crisi politico-istituzionale e la conseguente esasperazione della popolazione. A meno di una settimana dal suo giuramento, il neopresidente ad interim Manuel Merino - ex presidente del Congresso - ha rassegnato le dimissioni, a seguito della morte di due giovani studenti di 22 e 24 anni, uccisi negli scontri con la polizia durante la seconda Marcia nazionale contro il nuovo presidente (la prima era stata convocata il 12 novembre) nella notte di sabato 14 novembre nella capitale Lima.
I manifestanti erano scesi in piazza, nella capitale e in altre città, per denunciare l’impeachment, lo scorso 9 novembre, del presidente Martín Vizcarra, in carica da due anni e mezzo, accusando il Congresso di aver compiuto un golpe. Ma le manifestazioni, in gran parte pacifiche, sono state soffocate con la violenza dalle forze dell’ordine. I metodi repressivi della Polizia nazionale - che per disperdere i manifestanti ha usato gas lacrimogeni e pistole con proiettili di gomma - hanno fatto indignare il Paese. Tanti sono stati i feriti e alcune persone risultano ancora disperse.
Vizcarra, 57 anni, ingegnere civile diventato poi politico, aveva iniziato il suo mandato presidenziale a marzo del 2018, dopo le dimissioni di Pedro Pablo Kuczynski, accusato di corruzione. Anche Vizcarra, a sua volta, è stato raggiunto da accuse di corruzione e contro di lui lo scorso 11 settembre è stata aperta una procedura di impeachment “per incapacità morale”. Il 9 novembre il numero dei parlamentari favorevoli alla sua destituzione è arrivato a 105 (l’80% dei seggi totali). Il 10 novembre Merino - in quanto guida del Congresso - ha assunto la presidenza e formato subito un nuovo Governo nominando come primo ministro Ántero Flores-Aráoz, avvocato e politico di ideologia di estrema destra.
Vizcarra è stato accusato per uno scandalo risalente al 2014, quando era governatore della Regione di Moquegua, ma proprio lui, da presidente, è stato di fatto il primo fiero avversario della corruzione, tanto che a settembre del 2019 aveva deciso di sciogliere il Congresso - controllato dai partiti di opposizione - perché i parlamentari avevano boicottato le sue proposte per mettere un freno alla corruzione e riformare il sistema giudiziario. Più recentemente Vizcarra aveva anche cercato di mette mano all’istituto dell’immunità per i deputati durante il loro mandato.
La corruzione è un un problema radicato da decenni nel Paese latinoamericano, che permea tutta la politica peruviana fino ai suoi più alti vertici, non risparmiando i presidenti. Ad aprile del 2019 ha fatto molto scalpore il suicidio dell’ex capo di Stato peruviano Alan García, che stava per essere arrestato perché accusato di aver intascato tangenti dalla Odebrecht, società di costruzioni brasiliana, la più grande di tutta l’America latina, legata a un maxi-scandalo di corruzione che anni fa ha coinvolto quasi tutti i Paesi sudamericani.
A contestare apertamente l’impeachment di Vizcarra è stato anche, fra gli altri, il Premio Nobel per la letteratura 2010 Mario Vargas Llosa: in una intervista al quotidiano El Comercio, il famoso scrittore peruviano ha affermato senza mezzi termini che il Congresso ha agito violando in modo lampante la Costituzione e la legalità peruviane e che il Paese si trova in una situazione di confusione e di anarchia.