John Peter Sloan, gli italiani e l'inglese: «Vi fate prendere dalla paura, ma tranquilli le gaffe sono divertenti»
Era il britannico più famoso d’Italia. In tantissimi lo hanno visto in Tv, sul palcoscenico di Zelig, con il suo inconfondibile accento british. Cantante rock, attore e cabarettista, John Peter Sloan era celebre anche per aver rivoluzionato il modo di insegnare l’inglese agli italiani, con lezioni allegre e divertenti che diventano dei mini-spettacoli.
Sloan ha partecipato alla serie Tv La famiglia Gionni, pubblicata anche da Famiglia Cristiana nel 2012 in 20 Dvd in allegato alla rivista. Ecco cosa ci aveva raccontato di sé, del suo metodo e desuo rapporto con l'Italia quando lo incontrammo per l'iniziativa.
«Ho accettato questo progetto», spiega, «perché segue il mio modo di insegnare inglese: l’idea che divertendosi si impara meglio».
John, qual è il tuo ruolo nella Famiglia Gionni?
«Nella prima serie di Dvd ci sono pillole di alcuni minuti dove io spiego, in modo animato e divertente, tutte le regole di inglese che poi si vedono nella puntata. Nella seconda serie recito nel ruolo del capo di Giovanni, il papà della famiglia Gionni, interpretato da Max Pisu. Per girare la fiction abbiamo trascorso un mese in Calabria, a San Nicola Arcella. Ed è stato bellissimo: ho visto con i miei occhi quanto è divertente Max».
Vi conoscevate già per l’esperienza comune a Zelig, vero?
«Sì, ma al massimo ci eravamo scambiati qualche saluto. In Calabria abbiamo avuto modo di conoscerci a fondo ed è nata un’amicizia importante. Max interpreta la parte di quello che nell’inglese è una frana. Ma c’era poco da recitare, perché lui è proprio così nella realtà! Quando vedeva il copione in inglese sudava freddo e aveva paura di me! Ma la stessa cosa vale anche per Tosca, che interpreta la moglie di Max: la recitazione di fatto era molto realistica. Il bello è stato che, durante le puntate, io impartivo davvero lezioni di inglese a Max».
Come ti è venuta l’idea di insegnare inglese agli italiani?
«Sono arrivato qui vent’anni fa come cantante di un gruppo rock. In modo fisso vivo qui da 12 anni. Quando ho smesso di suonare ho cercato il lavoro più logico per un anglosassone che vive qua: in Italia si pensa che se uno è britannico automaticamente è insegnante, anche se noi inglesi conosciamo poco la nostra grammatica, perché non ci viene insegnata. Gli italiani la conoscono meglio di noi. E magari c’è una marea di professori di lingua inglese italiani che non trovano lavoro perché i loro connazionali vogliono solo madrelingua».
Cosa ne pensi del nostro rapporto con le lingue?
«Se gli italiani sono imbranati non è colpa loro. È colpa del fatto che non sono stati aiutati. L’insegnamento linguistico da voi è sbagliato ed è una cosa che io sto cercando di cambiare, adottando un metodo pensato solo per gli italiani. Il problema è che l’italiano si crede stupido e non acquista la confidenza necessaria. Non vuole fare figuracce davanti agli amici. Ma deve capire che sbagliare è fondamentale. Le gaffe sono divertenti».
Fare comicità in una lingua che non è la tua non è semplice. Si tratta di entrare nella cultura di un popolo.
«Io faccio il comico in italiano perché me ne infischio di sbagliare. Anche se faccio errori, so che mi faccio capire. Non mi sono mai fermato a pensare che cosa può far ridere gli italiani. Racconto le differenze tra italiani e inglesi e so che queste storie fanno ridere di per sé stesse».
Cosa ammiri degli italiani?
«Dell’uomo il fatto che è più spontaneo di noi inglesi nell’esprimere i suoi sentimenti. Della donna il fatto che è materna, ti coccola, si prende cura di te».
E qualcosa che non ti piace?
«L’individualismo. L’italiano pensa a stare bene lui. Invece dovrebbe pensare che se il Paese va male prima o poi anche lui starà male. Purtroppo, finché la furbizia sarà sinonimo di intelligenza, in Italia ci sarà sempre un problema».
(da un articolo pubblicato su Famiglia Cristiana 37 del 2012. Foto in alto: Ansa)