Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
sabato 12 ottobre 2024
 
 

Petrini, addio al Calimero del pallone

17/04/2012  È morto Carlo Petrini, ex calciatore di Milan e Roma. Negli anni Ottanta era stato coinvolto nello scandalo del "Totonero". Ma aveva parlato troppo ed era stato minaciato di morte.

Erano alla fine gli anni novanta, Michele Santoro era passato dalla Rai a Mediaset (proprio così) e conduceva “Moby Dick”, la puntata era dedicata al doping nello sport e gli ospiti erano due giornalisti all’epoca definibili come di cappa e spada per il loro impegno battagliero, Sandro Donati funzionario del Coni ma soprattutto forte e documentato denunciatore degli eccessi chimici degli atleti, Carolina Morace calciatrice azzurra e allenatrice, e Carlo Petrini, calciatore toscano professionista. Petrini valido attaccante di scuola genoana passato poi a Milan (una Coppa dei Campioni) Torino (una Coppa Italia) Varese Catanzaro Ternana Roma Bologna Cesena Bologna, dunque anche squadre importantissime, per finire con Cuneo, Savona e Rapallo; Petrini l’ex giocatore scomodo che è morto l’altro giorno a 64 anni nell’ospedale di Lucca.

Carlo Petrini all’inizio degli anni ottanta era stato coinvolto nello scandalo detto del Totonero, con partite truccate e calciatori celebri in manette, era stato squalificato per tre anni e mezzo. L’amnistia per il Mundial vinto nel 1982 aveva sancito il “lberi tutti”, ma lui, che forse aveva parlato troppo delle truffe pallonare e che sicuramente per affari finiti male si era messo nelle grinfie degli usurai, era stato minacciato di morte ed aveva dovuto lasciare l’Italia, impedito anche di stare al capezzale del figlio Diego, morto di tumore cerebrale nel 1995, a soli 19 anni in un ospedale di Genova.

Quella sera di “Moby Dick” Petrini, rientrato in Italia da non molto, aveva rivissuto commosso quei momenti, lui in Francia il figlio che moriva poco al di là del confine, ma aveva anche parlato dei club che obbligano al doping i giocatori perché siano sempre su di giri, ed aveva detto delle sue terribili esperienze chimiche e non solo (strane macchine, strani raggi rigeneranti), cominciate da giovanissimo, imposte a lui come a tutti. Un giornalista aveva rimproverato Petrini: “Io ero suo tifoso, da ragazzino collezionavo le sue figurine, lei ha preso pasticche proibite, lei a suo tempo non ha detto niente, dunque lei mi ha tradito”. L’altro giornalista lo aveva difeso: “Se avesse parlato sarebbe stato sbattuto fuori dal sistema, facile chiedere tutto il coraggio a lui”.

Petrini aveva rivisto qualche anno dopo il giornalista che lo aveva difeso. Era ad un raduno di librai, lui aveva scritto numerosi durissimi libri sulle esperienze chimiche sue e di altri. Uno sin troppo scandalistico sugli eccessi sessuali dei calciatori. Uno sulla ancora adesso misteriosa vicenda di Donato Bergamini, calciatore del Cosenza travolto (1989) da un camion, suicidio o omicidio? Anche uno di poesie per Diego.

Fu un mezzo abbraccio, il giornalista provò benevolmente a dirgli che lo trovava benino, Petrini si tolse il cappello, il suo cranio di calvo era spaventosamente segnato da operazioni chirurgiche. E disse anche: “Sono quasi cieco”. Non ci vedeva da un occhio, aveva pochi decimi dall’altro. I chirurghi sono intervenuti cinque volte sul suo cervello, il glaucoma tragico era legato ad un tumore. E’ morto anche di doping e (la vicenda di Diego) di cuore?

E’ stato comunque pianto come un uomo sincero e coraggioso, anche se lui stesso si accusava di non avere avuto il coraggio di tornare in Italia dal figlio morente. L’accostamento della sua fine con quella, due giorni prima sul campo di Pescara, del giocatore del Livorno Piermario Morosini, è puramente temporale. Diciamo che molto semplicemente il calcio perde un suo Calimero, un suo brutto anatroccolo che ha pagato di persona, proprio sulla sua pelle, gli errori propri e quelli altrui. Il giornalista che incontrò Petrini quasi cieco era il sottoscritto.

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo