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giovedì 03 ottobre 2024
 
 

Gioco d’azzardo, strabismo di Stato

10/02/2013  Il caso di Piacenza, con il gioco che diventa movente di un omicidio in famiglia, spiazza anche gli esperti. Mentre la politica mantiene nei confronti del gioco comportamenti ambigui.

Che l’azzardo desse dipendenza, gli psicologi l’avevano capito da tempo. E infatti è normale che ormai a occuparsi dei suoi guasti psicologici e familiari siano le comunità che negli anni Settanta erano nate per far fronte alla dipendenza da eroina e alla tossicodipendenza in generale. Ma che si arrivasse a un omicidio in famiglia, per procurarsi una catenina da rivendere al “compro oro” dopo l’ennesima lite per i debiti di gioco, che si arrivasse all’esplosione di violenza come durante una crisi d’astinenza, non l’avevano previsto neppure gli esperti, che da anni sono impegnati nella lotta all’azzardo e ai suoi catastrofici effetti sociali.

Simone Feder, psicologo, responsabile dell’area adulti della Casa del giovane di Pavia, tra i principali esperti italiani su questo tema, ammette che quest’ultimo esito spiazza. «Sappiamo che c’è un sommerso», riflette, «sappiamo che i malati d’azzardo sono Dr Jackyll e Mr Hide, persone all’apparenza normalissime, che fanno vite in apparenza normali, che non si sentono malate e quindi non arrivano a chiedere aiuto, ma che perdono il controllo delle proprie azioni. Ho sentito mogli dire del marito: «Non lo riconosco più». Che però, in assenza di dipendenza fisica, si potesse arrivare a uccidere, reggendo per giorni la finzione della rapina inscenata è una cosa che ci sconcerta, perché è una frontiera che non abbiamo ancora esplorato».

Quello che è certo è che soffre quanto meno di strabismo uno Stato, che da un lato rende sempre più facile ai cittadini l’accesso all’azzardo, fino a lasciar portare loro una sala da gioco in tasca (è di due mesi fa l’apertura al gioco online, applicazione di una legge dell’estate 2011) e dall’altro promette da più parti - anche contrapposte, in campagna elettorale - di voler tassare il gioco, per destinarne i proventi a vari e nobili fini. Apparentemente senza rendersi conto che il costo sociale del gioco d’azzardo finirà presto per mangiarsi il guadagno che dal gioco deriva. Anche perché, se è vero che i cittadini giocano sempre di più, è altrettanto vero che lo Stato guadagna dal gioco sempre meno – lo dicono cifre ufficiali -, segno che la traccia di troppe giocate non arriva come dovrebbe all’erario ma ad altre tasche. Di sicuro non legali. Probabilmente le stesse che si nascondono dietro molti “compro oro”.

                                                                                            Elisa Chiari

Aveva finto davvero bene, davanti ai giornalisti. "Mamma non so neanche come sia morta, non me la fanno ancora vedere, so poco: la ricordo un po' eccentrica, si fidava molto di tutti, in casa lasciava entrare chiunque...”. Maria Cristina Filippini, 48 anni, casalinga, marito e tre figlie, dissimulava in maniera un po’ grossolana, nelle ore successive alla morte della madre di 90 anni.

Giuliana Bocenti è stata uccisa lunedì, nella sua casa di Castel San Giovanni, nel piacentino: la badante ha scoperto il corpo nel letto di casa; un fazzoletto serviva a tapparle la bocca, mentre il cuscino premeva sul volto. E’ stata soffocata proprio dalla figlia, per debiti di gioco, come appurato dai carabinieri del nucleo investigativo. Aveva inscenato una rapina per pagare in parte i debiti accumulati da quella dipendenza dall’azzardo, tra videopoker e lotto.

Da anni combatteva l’automatismo del metti i soldi e aziona: la slot machine, tirando giù la leva, o gli altri giochi, pigiando un bottone, premendolo decine di volte, in maniera compulsiva; inseguiva il colpo della vita anche azzeccando la schedina giusta, con le estrazioni. Maria Cristina Filippini era stata adottata da Giuliana Bocenti, con la quale aveva un rapporto conflittuale.


Ha confessato venerdì notte, durante l’interrogatorio cominciato venerdì la sera, davanti al pm Emilio Pisante: “Le avevo rubato una catenina d'oro che portava al collo, per rivendenderla in un negozio “compro oro”, ricavandoci 280 euro”. I carabinieri avevano già recuperato quella cifra, a sua insaputa. “Ho messo a soqquadro l'appartamento per far pensare a una rapina”. I militari erano già arrivati anche a quella conclusione, grazie a una serie di schiaccianti. Alla fine è crollata, ha confessato.

Nel carcere delle Novate, deve rispondere di omicidio volontario, con le aggravanti del matricidio, ai danni di una persona indifesa, per l’età tanto elevata, gli inquirenti devono solo verificare se abbia coinvolto altre persone. “Durante l’interrogatorio – spiega l’avvocato Luca Caputi, che la incontrerà a inizio settimana -, ha mantenuto il controllo, alla vista dei familiari però si è messa a piangere”. Non era stata forzata la porta dell'appartamento al piano rialzato in cui viveva da sola, il particolare avevano insospettito gli inquirenti. E anche fosse stata rapina, perchè infierire su una persona così anziana? A meno che lei non avesse riconosciuto l’aggressore.

Il capitano Rocco Papaleo ha stretto presto il cerchio dell’indagine tra le conoscenze, sentendo i parenti e le badanti che si erano succedute per assisterla, con intervento anche dei Ris di Parma, a caccia di tracce sul luogo del delitto. L'omicidio aveva creato apprensione nel paese emiliano, giovedì in prefettura, a Piacenza, c’era stata una riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. "La nostra comunità è stata violata – diceva il sindaco Carlo Capelli -, non ci aspettavamo un delitto simile". Invece, come spesso avviene, il peggio arriva da un congiunto strettissimo, in questo caso incapace di controllare quei click pazzi in sala giochi e l’attesa per le estrazioni del lotto con più schedine. Vanni Zagnoli

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