Cari amici lettori, morte e risurrezione appartengono all’unico mistero pasquale di Cristo. Così, in modo simile, ritroviamo nella storia dei nostri giorni segni di morte e piccole luci di risurrezione, spesso drammaticamente mescolate. Al Cristo «in agonia fino alla fine del mondo», secondo la famosa frase di Pascal, appartiene purtroppo la guerra in corso in Ucraina: in questo numero troverete la storia della piccola Veronika, una bimba ucraina disabile bisognosa di cure speciali, giunta con i genitori, dopo varie peripezie, al Serafico di Assisi, struttura dove ha trovato l’accoglienza e le cure che servivano (servizio a pag. 20-23).
Un lavoro che è testimonianza di persone guidate da un «amore più grande», come ci ha detto la responsabile, Francesca Di Maolo. Ma a questa storia fortunata purtroppo continuano a corrispondere tanti - ammalati, anziani, disabili - che non ce l’hanno fatta, per una guerra insensata e crudele. Alla tragedia della guerra si sommano le “piccole” tragedie quotidiane. Penso, ad esempio, al dramma delle “morti bianche”: nel 2021, 1.221 persone hanno perso la vita sul lavoro. «È in discussione il valore dell’umano, l’unico capitale che sia vera ricchezza», ammoniscono i vescovi nel Messaggio della Cei per la festa dei lavoratori del prossimo 1° maggio.
Occorrono, ricordano i presuli italiani, «una cultura della cura, nutrita dalla Parola di Dio, che sollecita «un approccio “integrale” da parte di tutti i soggetti in campo» e invita ad aprire il nostro cuore a chi nel lavoro vede messa a rischio la dignità e la propria vita». Ma vorrei ricordare anche due segni che hanno la luce di piccole risurrezioni che avvengono nel nostro oggi. Da una parte la storia di Irina e Albina, le due infermiere, una russa e l’altra ucraina, residenti in Italia, che hanno portato la croce alla Via crucis del Venerdì santo. Al di là della polemica sull’opportunità o meno del gesto, comprensibile per chi si trova sotto le bombe, è stato un gesto bello, autentico, che testimonia cosa vuol dire per la “gente comune” la pace, la riconciliazione, il saper guardare all’altro al di là degli schemi.
La giovane donna ucraina, accortasi dell’imbarazzo dell’amica russa di fronte alla guerra dichiarata dal suo Paese, le ha detto: «Non è colpa tua». La capacità di distinguere tra chi la guerra l’ha voluta e le persone appartenenti a un popolo di una nazione in guerra ma non necessariamente “nemica”: una testimonianza preziosa, piccola profezia di pace. Dall’altra parte, il pellegrinaggio dei 60 mila adolescenti a San Pietro il lunedì dell’Angelo, di cui raccontiamo nel servizio a pag. 16: una categoria fortemente penalizzata dalla pandemia, che ha vissuto dolorosamente il forzato distanziamento e la mancanza di socializzazione.
Un festoso ritrovo in piazza con papa Francesco, la voglia di vivere dei ragazzi, la musica di Blanco che parla ai loro sogni, ma anche il desiderio di ritrovare parole significative di fede: un piccolo segno di speranza anche questo. E il grande incoraggiamento di papa Francesco a non avere paura della vita, valido anche per noi adulti: «La vita è bella, la vita è per viverla e per darla agli altri, la vita è per condividerla con gli altri, non per chiuderla in sé stessa». La ripartenza non è solo economica, ma anche umana e spirituale.