Strappati ai loro Paesi d'origine vengono comprati e
sfruttati per i fini più abietti, dalla prostituzione
all'accattonaggio, dal lavoro forzato fino al prelievo di organi.
Sono ragazze dell'Est Europa e della Nigeria, costrette a soddisfare
i vizi degli adulti, ma sono anche giovani nordafricani e cinesi,
usati nel lavoro agricolo e nell'edilizia o coinvolti in attività
illegali.
Il Rapporto 2013 "I
piccoli schiavi invisibili", diffuso da Save The Children
(organizzazione non governativa che combatte da anni per i diritti
dei più piccoli) costringe ad aprire gli occhi sulla tratta degli
esseri umani, in particolare dei minori. Un agghiacciante commercio
che, come rivelano i dati più recenti, è in continuo aumento, in
tutta Europa.
Il nostro Paese non può
certo chiamarsi fuori. Anzi, in Italia è stato segnalato il più
alto numero di vittime di tratta e sfruttamento: quasi 2.400 nel 2010
(numero senz'altro inferiore alla realtà). In questo triste primato
bambini e adolescenti giocano un ruolo determinante. Per le
organizzazioni malavitose che gestiscono il traffico, il business si
misura in miliardi di dollari, spesso reinvestiti in armi, droga e
altre attività criminali.
Chi pensa che la parola
schiavitù sia da confinare ai libri di storia o tutt'al più a
qualche sperduto angolo del pianeta deve, purtroppo, ricredersi. In
Europa, nel 2010, sono state registrate oltre 9.500 vittime di
tratta, di cui il 15% minori. Il 12% sono ragazze e il 3% ragazzi. Un
dato, quest'ultimo, particolarmente significativo. Da un lato perché
conferma una triste verità: sono gli esseri più fragili a pagare il
prezzo più alto. Dall'altro perché va messo in correlazione con lo
sfruttamento sessuale, che è il più diffuso (62% dei casi). Il 25%
sono invece le vittime usate per il lavoro forzato e il 14% quelle
coinvolte in accattonaggio e altre attività illecite.
La tragedia dello
sfruttamento sessuale minorile è sfuggente, sommersa, difficile da
contrastare. Le vittime vengono costrette a spostarsi di continuo tra
Stato e Stato, spesso viaggiano con documenti falsi e false
generalità (maggiore età compresa).
Nel nostro Paese il
fenomeno riguarda soprattutto ragazze (età media 16-18 anni),
provenienti da Nigeria e Romania (a volte di etnia rom), in misura
minore da Ungheria, Bulgaria, Brasile, Albania, Cina, Burkina Faso.
Alle spalle famiglie poverissime e con gravi problemi di violenza e
alcol, oppure una vita in orfanatrofio. L'assoggettamento è
governato dal ferreo ricatto economico: per il viaggio dai loro Paesi
e il lavoro giornaliero le ragazze devono "restituire" alle
organizzazioni che le sfruttano cifre impossibili: a volte fino a
50.000 euro.
Meno diffuso, ma non
assente, è lo sfruttamento sessuale maschile. Di solito i ragazzi,
altrettanto invisibili, vengono destinati al lavoro forzato. I numeri
fanno paura. Si stima che nel nostro Paese siano 30.000 i minori
coinvolti in lavori pericolosi per la salute e la sicurezza. Fra essi
ci sono giovani italiani e stranieri, soprattutto egiziani. Ragazzi
fra i 13 e i 15 anni sfruttati nei mercati generali, oppure in
panifici, bar e frutterie. Gli orari di lavoro possono andare dalle 5
del mattino alle 23. Le paghe sono ridicole. Quelli che non possono
permettersi un affitto dormono ammassati sul pavimento.
C'è poi la situazione
critica dei ragazzi "in transito", arrivati
dall'Afghanistan o dall'Iran, dopo viaggi disumani per mare e spesso
dopo mesi di durissimo lavoro in Turchia o in Grecia per potersi
pagare il trasferimento. Si fermano in Italia per breve tempo: sono
diretti nel Nord Europa, ma durante il percorso possono diventare
facili prede per sfruttatori e trafficanti.
Emerge, insomma, un
quadro sconvolgente. Per questo l'Ong lancia l'allarme: «Per
tutelare le vittime, è necessario lavorare almeno su tre ambiti:
l’emersione del fenomeno, l’immediata presa in carico e
l’assistenza», spiega Raffaela Milano, direttrice dei Programmi
Italia-Europa di Save the Children. «È indispensabile un forte
coordinamento tra tutti i soggetti coinvolti, le forze dell’ordine,
i servizi sociali, le reti delle organizzazioni non profit. Una
particolare attenzione va inoltre dedicata alla prevenzione del
fenomeno, anche attraverso accordi con i Paesi d'origine per
contrastare le reti criminali che gestiscono i traffici e mettere in
guardia le potenziali vittime circa i rischi cui vanno incontro. In
Italia si sono fatti passi avanti considerevoli sul piano normativo,
sia a tutela delle vittime che nei riguardi di chi usufruisce - come
sfruttatore e come “cliente” - di questo mercato. Tuttavia è
indispensabile rafforzare gli interventi sul campo, con una
programmazione e una rete adeguata di protezione».
Il dossier completo è
disponibile sul sito www.savethechildren.it.