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sabato 09 novembre 2024
 
giornata della memoria
 

Alfredo Violante, il giornalista che pagò con la vita la difesa della libertà

27/01/2022  A Milano posata una Pietra d’inciampo dedicata allo zio di Luciano, ex presidente della Camera, deportato nel campo di concentramento austriaco di Mauthausen e ucciso a 57 anni in una camera a gas il 24 aprile 1945 come oppositore politico del nazifascismo. Il figlio Paolo: «Tante volte ho sognato che papà sarebbe tornato e invece in tutti questi anni non ho avuto neanche una tomba su cui piangere. Oggi è come se fosse tornato finalmente a casa»

«Questa Pietra d’inciampo è un ricordo vivo e pesante. Tante volte, di notte, ho sognato il ritorno di papà e invece in tutti questi anni non ho avuto neanche una tomba su cui piangere. Oggi è come se fosse tornato finalmente a casa». Piange Paolo Violante, figlio di Alfredo, davanti al civico 79 di via Washington a Milano dove il giornalista pugliese abitava e dove venne arrestato davanti agli occhi del figlio che allora aveva nove anni e che ancora oggi, racconta, ha «impresso negli occhi il momento in cui arrivarono le guardie per portarlo via».

Quella intitolata ad Alfredo Violante, zio dell’ex presidente della Camera Luciano, è una delle nuove tredici Pietre d’inciampo posate a Milano in memoria di altrettante vittime della Shoah alla vigilia del Giorno della Memoria. «Quello di oggi è un giorno che permette di ricordare quelle persone la cui vita è stata spezzata dalla furia omicida del nazifascismo. Per l’amministrazione comunale la memoria deve essere tutti i giorni», afferma Elena Buscemi, presidente del Consiglio comunale di Milano, presente con la fascia tricolore alla cerimonia davanti all’abitazione dove visse Violante, «è un momento molto importante anche per i giovani, sono loro che devono conoscere queste storie, così che si possano formare dei cittadini più consapevoli delle loro responsabilità e del loro futuro».

Alla cerimonia c’erano anche le nipoti di Alfredo, Caterina e Valentina, un gruppo di alunni della scuola della Comunità ebraica di Milano guidati dalla loro insegnante Anna Segre, Roberto Jarach, presidente del Memoriale della Shoah, e una folta rappresentanza dell’Associazione regionale pugliesi di Milano che nel 2019 ha proposto di posare una Pietra d’inciampo per Violante il quale dopo il suo trasferimento in Lombardia nel 1925 fu, tra le altre cose, animatore appassionato dell’associazione pugliese di Milano di cui divenne anche segretario generale.

«È un’emozione fortissima e un grande motivo di orgoglio», dice Valentina, «onestamente non mi aspettavo tutta questa folla anche se avrei preferito che ci fossero ancora più giovani perché sono loro che dovranno tenere viva la memoria in futuro. Gli anni passano e molti testimoni diretti non ci sono più».

«Ricordare Alfredo Violante», spiega il presidente dell’Associazione regionale pugliesi di Milano, il gen. Camillo de Milato, «significa anzitutto rendere omaggio a un patriota e cittadino esemplare che negli anni bui del regime lottò con coraggio, passione e tenacia per la libertà e la democrazia fino a pagarne il prezzo con la sua stessa vita e far sì che il suo sacrificio non sia dimenticato. Al contempo vogliamo restituire alla memoria della città un pugliese ed eroe borghese che ha saputo onorare Milano con la sua intraprendenza e amore per la libertà senza mai recidere il legame con la terra natale continuando a scrivere per le testate pugliesi in un periodo in cui non era consentito poter esprimere il proprio pensiero».

Alla cerimonia erano presenti Marco Steiner, presidente del Comitato milanese che si occupa della scelta dei nomi a cui dedicare la Pietra d’inciampo, Roberto Cenati, presidente dell'Anpi provinciale di Milano, mentre la posa delle tredici pietre (le altre saranno installate il 1° marzo prossimo) è stata trasmessa in diretta Instagram sulla pagina #pietredinciampo curata dagli studenti dell'Istituto Europeo di Design, che ha ricostruito tutte le storie dei deportati.

Le altre persone a cui è stata dedicata una Pietra d’Inciampo quest'anno sono Moisè, Rebecca Yohai e Signurù Varon; Alfredo Violante; Leone, Annita Bolaffi e Liliana Latis; Edgardo Finzi; Ettore Barzini; Luigi Schezzi; Vittorio Mondazzi; Santo Bencich. Luigi Frazza; Luigi Pietro Cappelletti; Aurelia Allegra Levi e Emma Laura Finzi; Wanda Vera Heimann; Beatrice Ottolenghi; Mario Luperini; Dante Spallanzani; Carlo Ferretti; Giuseppe Ceccatelli; Adriano Pogliaghi.

Il presidente del Consiglio Comunale di Milano Elena Buscemi e, seduto, Paolo Violante, con la Pietra d'inciampo dedicata al padre Alfredo prima della posa in via Washington a Milano

Chi era Alfredo Violante

  

Giornalista e avvocato, Alfredo Violante – zio di Luciano, ex presidente della Camera dei Deputati – nasce a Rutigliano il 25 ottobre 1888. Dopo la laurea in Giurisprudenza conseguita all’Università di Macerata, esordisce giovanissimo nel giornalismo barese dove fonda e dirige Il Quotidiano (edito a Trani dal 1911 al 1918) e il Rinnovamento prima di essere chiamato a Napoli da Matilde Serao a dirigere la pagina meridionale del quotidiano Il Giorno, fondato dalla stessa Serao nel 1904 e chiuso nel 1927.

A 25 anni, mentre è caporedattore del Corriere delle Puglie (la futura Gazzetta del Mezzogiorno, ndr), viene chiamato ad arruolarsi nell’esercito come ufficiale di fanteria durante la Prima Guerra Mondiale e svolgendo anche il ruolo di corrispondente di guerra per il giornale. Tornato dal fronte, in cui rimase anche ferito e decorato al valore, il 9 ottobre 1919 sposa Irma Bolla.

Due anni dopo, nel 1921, denuncia l’omicidio per mano fascista del deputato socialista pugliese Giuseppe Di Vagno, assassinato dal regime a Mola di Bari, al quale dedica anche una biografia, e stringe amicizia coi meridionalisti Gaetano Salvemini, Tommaso Fiore e il poeta e giornalista armeno Hrand Nazariantz che sarebbe stato incaricato di comporre il suo necrologio letto poi a Radio Bari.

In questi anni torna alla sua professione di giornalista fondando nel 1925 a Bari Il Nuovo Corriere. Una squadra di fascisti brucia le rotative del giornale e Violante riceve pesanti minacce e intimidazioni. In quell’anno, numerosi giornali non allineati al regime, come L’Unità e L’Avanti, vengono sospesi mentre il 31 dicembre dello stesso anno entra in vigore la legge n. 2307 sulla stampa che disponeva che i giornali potessero essere diretti, scritti e stampati solo se avessero avuto un responsabile riconosciuto dal governo fascista. Quelli privi del riconoscimento prefettizio venivano considerati illegali.

Preoccupato per sé e la propria famiglia, nel 1926 Violante decide di trasferirsi a Milano e cambiare mestiere facendo l’avvocato. Non recide, però, il legame con la sua terra, favorendo incontri e occasioni culturali e conviviali con gli altri pugliesi presenti in città, continuando a scrivere per la testata Terra di Puglia e svolgendo l’incarico di segretario generale dell’Associazione pugliese di Milano.

A Milano, nell’estate del 1943, entra tra le file della Resistenza, fonda il “Partito progressista italiano Alta Italia”, dà vita al giornale clandestino Il Progresso ed è un infaticabile attivista tra gli operai e i piccoli imprenditori con il gruppo “Democrazia del Lavoro”. Inoltre, clandestinamente, mantiene i collegamenti con le forze partigiane giovanili della provincia di Brescia. Quando i tedeschi occupano il capoluogo lombardo, tutti tornano in clandestinità o fuggono per mettersi in salvo, compresa la moglie Irma.

Violante vuole passare dal suo studio per distruggere alcuni documenti che avrebbero potuto compromettere lui stesso e i suoi compagni di lotta. Viene arrestato il 1° dicembre 1943 insieme a Ubaldo Brioschi con l’accusa di attività sovversiva e dopo un periodo di detenzione nel carcere di San Vittore e poi nel campo di concentramento di Fossoli (Modena) viene deportato in Austria.

Nel campo di concentramento di Mauthausen lavora alla tessitura insieme al compagno di deportazione Aldo Pantozzi di Bolzano e decidono che, se fossero tornati in libertà, avrebbero pubblicato insieme il giornale Il Triangolo rosso per far conoscere a tutti gli orrori e i crimini compiuti all’interno dei lager nazisti. Pantozzi insieme ad altri deportati si salva. Violante viene ucciso il 24 aprile 1945 – dodici giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate – in un camera a gas a 57 anni.

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