Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
sabato 21 giugno 2025
 
 

Piperno manda l'oncologo in cantina

12/01/2011  Paolo Perazzolo legge per noi "Persecuzione", seconda prova dell'autore di "Con le peggiori intenzioni". Un romanzo complesso, che si distingue da gran parte della nuova narrativa.

Attesa, dopo il successo dell’esordio con Le peggiori intenzioni, la seconda prova di Alessandro Piperno si segnala per diverse ragioni. Una scrittura generosa, avvolgente che, attraverso continui flashback, arricchisce progressivamente il quadro e approfondisce lo scavo psicologico dei personaggi; la complessità dei temi affrontati; il fatto che si tratti di una prima puntata, cui ne seguirà un’altra nell’autunno prossimo (contro la logica, anche editoriale, dell’usa e getta), tutto questo fa di Persecuzione (Mondadori) un romanzo che si staglia su gran parte della narrativa contemporanea, soprattutto su quella riconducibile agli autori più giovani. E, per essere chiari, questa differenza è per noi motivo di valore.

   Assunto il punto di vista del narratore esterno, Piperno racconta la storia di Leo Pontecorvo, un uomo di 48 anni proveniente da un’agiata famiglia ebraica, oncologo dell’infanzia di chiara fama, brillante docente universitario, sinceramente affezionato alla moglie e ai figli. Una tranquilla domenica sera del 1986 questa vita idilliaca viene d’un colpo mandata in frantumi: il Tg informa il Paese intero che Leo avrebbe scambiato lettere compromettenti con Camilla, una dodicenne che è pure la fidanzatina del secondogenito. Trascorso l’istante eterno di quell’annuncio, il protagonista non saprà far altro che rintanarsi nel seminterrato della sua villa romana, da dove uscirà, in pratica, soltanto morto, nonostante sia colpevole al massimo di vanità e leggerezza.

   Svelando questi particolari, non abbiamo affatto guastato il piacere della lettura; è il narratore stesso a metterli in campo fin dall’inizio. Il romanzo si gioca su altri livelli. Perché Leo non si difende? Pesano di più, in questa passività, il senso di vergogna, la viltà o l’inettitudine alla vita pratica, così stridente se confrontata con il talento professionale? Possibile che non trovi la forza di affrontare la moglie, di spiegarsi con i figli? Chi sta macchinando contro di lui? In questa prima puntata, gli interrogativi sono tutti a carico di Leo; nella seconda, è presumibile che si riversino sui familiari, a loro volta rei di aver segregato senza appello il maritopadre. Disseminati abilmente qua e là, alcuni episodi all’apparenza marginali (l’allarme della villa che suona, i disegni recapitati al recluso...) proiettano un’ombra da thriller sul prosieguo.

   La vicenda ha anche implicazioni sociali, la più significativa delle quali è riassunta in una frase che Leo bambino aveva udito dal rabbino: «L’apparenza diventa l’unica realtà». A essa si votano i mass media, l’opinione pubblica, gli amici, la famiglia stessa... Con interesse aspettiamo la seconda e ultima parte, per capire come i tanti fili annodati nella prima verranno sciolti. Solo allora sarà possibile una valutazione compiuta.

WhatsApp logo
Segui il nostro canale WhatsApp
Notizie di valore, nessuno spam.
ISCRIVITI
Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo