Lo aveva detto, monsignor Nunzio Galantino, segretario della
Cei: «Innanzitutto, il linguaggio. L’uso di alcune parole (invasione,
emergenza, crisi…) non aiuta certamente ad affrontare correttamente le
trasformazioni corso; contribuisce, piuttosto, a falsare i dati reali e ad
allargare la forbice tra percezione e realtà del fenomeno migratorio (30% la
percezione; 8,2% i numeri reali)». Il 25° Rapporto di Caritas e Migrantes, presentato
nei giorni scorsi e dal sottotitolo eloquente “La cultura dell’incontro” rileva
che, nel 2015, sono «sostanzialmente stabili i numeri dei cittadini stranieri
residenti nel nostro Paese, pari a 5 milioni circa (+1,9% rispetto al 2014)».
Gli sbarchi dello scorso anno, dunque, non hanno prodotto effetti sul panorama
migratorio nazionale. «Molti di coloro che sono giunti via mare hanno lasciato
il nostro Paese mentre una parte residuale ha chiesto l’asilo», spiegano i
dati. Che confermano anche le caratteristiche di una migrazione che privilegia
il Nord al Sud del Paese, seguendo di fatto il mercato del lavoro. Stabile la
presenza storica di romeni, albanesi, marocchini, cinesi e ucraini. L’incidenza
complessiva degli stranieri sulla popolazione italiana è di poco superiore all’8
per cento.Improprio parlare di "invasione": a causa della crisi, nel Nord-est, Marche e Umbria, gli stranieri sono addirittura calati. Sale invece la richiesta di cittadinanza: nel 2015 sono state acquisite
129.887 cittadinanze, con un incremento del 29 per cento.
Ingiustificato dunque il grido di allarme che sale da più
parti rispetto a una immigrazione in aumento e incontrollata.
Lo ribadiscono
sia don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana sia monsignor Gian Carlo
Perego presidente di Migrantes. E lo ripete ancora il segretario della Cei.
Preoccupato di una lettura del fenomeno che fomenta odio e razzismo. Parlando
ancora prima dei fatti di Fermo e dell’uccisione di Emmanuel Chidi Namdi,monsignor Galantino aveva
ricordato come «alla lettura integralista dell’Islam da parte di alcuni, si va
facendo strada una lettura integralista e, quindi, ideologica del Vangelo, fino
ad arrivare a quello che due giovani hanno fatto sul Lungomare del Porto
d’Ascoli: due bengalesi, che vendevano fiori, pestati a sangue perché non hanno
saputo recitare il Vangelo». Non solo, Galantino ricorda che «la riaffermazione
del ruolo pubblico della religione cristiana, che alcuni Stati e alcuni movimenti
stanno veicolando, in realtà riduce l’esperienza religiosa a uno strumento da opporre
all’altro. Se e quando si riesce – con grande realismo e senza facili irenismi
– a guardare al fenomeno migratorio liberandolo da facili, deformanti e
disinformate equazioni, è possibile percorrere un’altra strada, che è quella
nella quale la Chiesa si riconosce».
Ricordando, come più volte ha sottolineato
papa Francesco che «gli immigrati sono un dono e non un peso», Galantino ha
ribadito che «l’immigrazione costringe a guardare la storia a partire dalla
prospettiva di “quelli che non ce la fanno”; il fenomeno della mobilità va
guardato con gli occhi – il più delle volte impauriti – dei “profughi”. Quello
della mobilità è un fenomeno di volti e di storie che dovremmo almeno tentare
di immaginare!».
Il 25° Rapporto offre una fotografia esaustiva della situazione della popolazione straniera presente in Italia soffermandosi sulle situazioni che più di altre meritano attenzione. È il caso degli oltre 2 milioni di lavoratori immigrati che soffrono però di un trattamento economico inferiore anche del 30 per cento rispetto ai colleghi italiani.