«La situazione dei cristiani in Siria, Iraq e Egitto è una completa tragedia». Al suo primo messaggio natalizio come Amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, monsignor Pierbattista Pizzaballa, ha denunciato con forza la drammatica realtà del mondo cristiano in un Medio Oriente in fiamme. Insediatosi dopo la nomina di papa Francesco nello scorso giugno e profondo conoscitore della realtà della regione come Custode di Terra Santa per 12 anni, dal 2004 al 2016, mons. Pizzaballa ha sottolineato in una conferenza stampa davanti ai giornalisti nella sede del Patriarcato a Gerusalemme che «in quei paesi, culla della nostra civiltà, il circolo vizioso della violenza in corso sembra senza speranza e senza fine. Tutti noi abbiamo visto le immagini di Aleppo della scorsa settimana, ma anche di tutta la regione durante i lunghi anni del conflitto. Siria e Iraq sono distrutti». E ha indicato i responsabili: «Queste guerre terribili sono guidate dal commercio delle armi, dal gioco degli interessi delle potenze, da un fondamentalismo senza tregua. La pace dovrebbe implicare negoziati politici e soluzioni. L'esercito può vincere la guerra, ma per costruire occorrono le politiche». E «gli unici a pagare un prezzo alto, troppo alto» sono, ha ammonito, «i poveri, quelli senza potere».
«Gaza prigione a cielo aperto»
Poi ha scandito la situazione Paese per paese: a cominciare dalla Giordania dove domenica c'è stato un attentato terroristico a Karak. «Che anche lì sia entrato il virus fondamentalista non è una novità... ma bisogna lavorare molto nel campo dell'educazione e dello sviluppo, altrimenti tutta quella frustrazione tra i giovani porterà ad altre e più gravi forme di fondamentalismo». Ed ecco l'Egitto: «La comunità cristiana - ha detto mons. Pizzaballa dopo aver ricordato il recente attacco ai copti del Cairo - è senza soste sotto minaccia». Ma la responsabilità è anche della Chiesa: «Dobbiamo combattere povertà e ingiustizia».
Anche in Terra Santa la situazione riecheggia «il fondamentalismo e l'estremismo che il mondo fronteggia» ed il peggio, ha osservato, è che questi fenomeni «stanno mettendo radici tra i giovani». Le scuole cattoliche in Israele, ha proseguito Pizzaballa, stanno passando «attraverso una crisi senza precedenti e non ci sono state offerte finora soluzioni concrete».
Sul conflitto tra Palestinesi e Israeliani ha parlato di «futuro appannato»: come risultato della mancanza di unità e di visione da entrambe le parti «sembra che l'odio e la violenza - ha detto prima di citare il muro costruito al Cremisan, vicino Betlemme - stiano prevalendo sulla ragione e il dialogo». E Gaza», ha aggiunto, «è una prigione a cielo aperto». Ma, a suo avviso, si possono vedere alcune luci all'orizzonte e che nonostante tutto la speranza non deve essere persa, sopratutto grazie alla guida e alla predicazione di papa Francesco: «Il Pontefice - ha detto - è l'unica voce chiara e profetica che possiamo sentire. Il suo messaggio è universale».