"Un giorno a noi dell’Orchestra Angelini dissero che dovevamo partecipare a un Festival. Ma quella era una parola nuova e nessuno sapeva bene cosa volesse dire. Capimmo che doveva trattarsi di qualcosa di importante quando ci informarono che avremmo dovuto cantare nel Salone delle Feste del Casino di Sanremo e che, quindi, dovevamo arrivare eleganti". Con queste parole Nilla Pizzi, all’anagrafe Dionilla Negrini, ricordava la nascita della gara di canzoni più popolare del mondo.
”A cantare eravamo solo in tre, io, Achille Togliani e il duo Fasano, due gemelle torinesi nate nel 1924, Dina e Delfina. E mentre cantavamo la gente cenava badando poco alle nostre canzoni. Del resto avevano sborsato “solo” cinquecento lire per cena e spettacolo. Comunque furono loro i primi giurati del Festival. “La canzoni scelte erano venti e toccava a noli tre dividercele. Il 31 gennaio 1951 la radio trasmette soltanto la serata finale, dalle 22 alle 22,30 e io vinsi con “Grazie dei fior” che vendette solo trentacinquemila dischi, un risultato apparentemente deludente ma che oggi ti fa assegnare il disco d’oro.”
Scusi, posso darle del tu?
Come ricordare meglio Nilla Pizzi se non usando il suo racconto
semplice, quasi stupito anche quando il tempo era passato. “Mi sembrò
una cosa fatta in famiglia, avevo cantato nove canzoni con il foglietto
del testo in mano perché avevo paura di dimenticare le parole: "Grazie
dei fior, tra tutti gli altri li ho riconosciuti, mi han fatto male
eppure li ho graditi, son rose rosse e parlano d’amor”. Dopo aver vinto
mi resi conto che prima di quelle parole, praticamente non esistevo”.
E aveva ragione. Un altro anno un altro Sanremo e, arrivando prima
con “Vola Colomba”, seconda con “Papaveri e papere” e terza con “Una
donna prega” fu a furor di popolo eletta “Regina della canzone
italiana”. Solo allora si scoprì che prima dei due Festival aveva
fatto la corista nascondendosi con nomi eccentrici come Conchita
Velez, Ilsa Tulli, Isa Merletti e Carmen Isa. E cominciarono anche i
“rumors” che le raccontavano sentimentalmente legata al “suo”maestro
Cinico Angelini. Poi perse la testa per lei il collega Gino Latilla che,
rifiutato, sposò la collega Carla Boni.
Insomma Nilla Pizzi ormai faceva parte dello star sistem, con
relativi vantaggi e svantaggi. Io l’ho conosciuta qualche anno dopo i
trionfi, ma il successo non le mancò mai. I suoi fan chiesero e
ottennero di stampare speciali cartoline postali, già affrancate, che
recavano la stampa “Cartonilla postale”. Era una persona
disponibile, sempre pronta ad accettare un’intervista. Quando esplose il
fenomeno Milva la Regina accettò di posare con lei mentre, da buone
emiliane, andavano in bicicletta per la campagna. Tanti incontri ma mai
un confidenza che mi consentisse di darle del “tu”, cosa abituale tra
artisti e giornalisti.
E quel “lei” è rimasto saldo sino a qualche anno fa quando, ospite
con lei di una trasmissione di Iva Zanicchi, azzardai un timido: “Posso
darle del tu?”. Lei si fece una gran risata e rispose: "Santo cielo, ce
ne hai messo del tempo”. L’anno scorso, al Sanremo che festeggiava i
sessanta anni la incontrai per l’ultima volta. Cantò con la voce di
cinquantanni prima. Se n’è andata come le regine di un tempo,
pochi giorni prima di compiere novantadue anni, senza partecipare ai
festeggiamenti per i centocinquanta anni dell’unità d’Italia. Un evento
di cui è stata, certamente, un’icona e una delle più amate protagoniste.