il vescovo di Vicenza, Beniamino Pizziol, in mezzo ai due sacerdoti rapiti
Don Giampaolo Marta e don Gianantonio Allegri sono due preti innamorati della missione. Li conosce molto bene il vescovo di Vicenza, monsignor Beniamino Pizziol che non più di tre mesi fa li aveva reincontrati, andando in visita in quei luoghi, che definisce “la nostra diocesi allargata”, per la presenza assidua, da oltre un quarto di secolo, di sacerdoti e missionari vicentini nel Paese centrafricano.
Mnosignor Pizziol tra le giovani cresimande della parrocchia di Tchere-Tchakidjébe
“Nel gennaio scorso sono stato per sei giorni proprio a Tchére, assieme a don Giampaolo e don Gianantonio e ho potuti vederli all’opera. La parrocchia è una comunità attiva e partecipe, animata da cristiani convinti, con catechisti cresciuti sul posto”, spiega il presule che a Tchère aveva cresimato una ventina di giovani e aveva avuto modo di visitare le scuole aperte dalla missione, divenute punto di rierimento per tutto il territorio circostante. “Una bella realtà, con una scuola frequentata da oltre settecento ragazzi provenienti anche da luoghi distanti chilometri. Purtroppo la parrocchia, diversamente da quella di Loulou, l’altra comunità sostenuta dalla nostra diocesi, è molto isolata rispetto al villaggio”, osserva ancora il vescovo.
La diocesi di Maroua è collocata all’estremo nord del Camerun in un triangolo che si incunea tra il Ciad e la Nigeria. Un territorio emarginato, poverissimo, notoriamente insicuro, nel quale in passato sono scoppiati più volte disordini. Lo scorso anno, in questa stessa diocesi, anche se in una parrocchia molto più vicina al confine, era stato rapito dai miliziani del movimento integralista jiadista “Boko Haram” il sacerdote francese padre Georges Vandenbeusch, liberato dopo 48 giorni di prigionia, il 31 dicembre scorso. Preoccupazioni e tensioni, però, non facevano presagire a quanto accaduto nei giorni scorsi. Il sequestro dei due preti italiani è avvenuto, tra l’altro, in coincidenza con l’importante avvenimento per la diocesi, quale l’avvicendamento dell’anziano vescovo di Maroua, Monsignor Phillippe Stevens, noto per le sue posizioni di apertura al dialogo interreligioso.
“La speranza è che questo nuovo rapimento possa trovare l’analoga conclusione del precedente. Si sa che il confine con la Nigeria è molto fragile e problematico. Io stesso ho potuto osservare in quei giorni movimenti di militari camerunensi. Ma la missione dista più di 60 chilometri dal confine. Qui i nostri si sono fatti subito benvolere da tutta la popolazione locale, anche quella di religione musulmana, perché la nostra presenza significa possibilità di istruzione, ospedali, acqua, luce e medicine”, afferma Pizziol che poi sottolinea la stima e l’affetto che i due sacerdoti godono anche a Vicenza: “Don Giampaolo e don Gianatonio nella nostra diocesi, negli incarichi che hanno ricoperto come educatori in seminario il primo e come parroco di Magré il secondo, si sono sempre distinti per dedizione, spirito si servizio, equilibrio e fedeltà al Vangelo”. Ma la vocazione per la missione e l’amore per le genti africane avevano prevalso in entrambi: don Marta è in Camerun ormai da dieci anni; don Allegri era parroco a Magré suo paese natale, ma aveva chiesto al vescovo di tornare in Africa l’anno scorso, dopo averci vissuto anch’egli una decina d’anni, dal 1992 al 2002.
“Il mio pensiero continuamente va a loro, e sono con loro nella preghiera”, conclude affranto Pizziol, che sul futuro della missione in Camerun deciderà quando la vicenda si sarà conclusa, “nel modo sperato da tutti”. In Camerun attualmente operano altri due sacerdoti “fidei donum” vicentini, don Leopoldo Rossi e don Maurizio Bolzon. Quest’ultimo scrive da Maroua: “Ad oggi le e porte della missione sono ancora aperte, accogliamo il continuo flusso di persone e cerchiamo di stare vicini alle tre suore camerunensi della congregazione di suor Gilberte, che non sono state rapite. Purtroppo, ancora, smentiamo quanto scritto da alcuna stampa che i nostri ‘starebbero bene’. La verità è che nessuno sa dove essi si trovino in questo momento. Non c'è stato nessun contatto con i rapitori, e quindi nessuna rivendicazione. Vi ringraziamo per la vicinanza, il sostegno e soprattutto la preghiera. Il dolore che stiamo portando è di quelli difficili da descrivere: la vita missionaria, tra le altre cose, rende i legami di amicizia - e di fraternità nel sacerdozio - particolarmente forti”. “La nostra diocesi – osserva il vescovo – ha nel suo dna la missionarietà”. Le terre vicentine, in effetti, offrono vocazioni missionarie da sempre. La diocesi conta sacerdoti “fidei donum” in tre continenti: oltre ai quattro “africani”, sette sono in Brasile, e uno in Thailandia. In tutto, però, sono circa 900 tra religiosi e religiose i vicentini missionari sparsi in ogni parte del mondo.