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giovedì 12 settembre 2024
 
rom & scuola
 

Pochi mesi fa gli atti razzisti delle periferie romane

02/05/2015  «C’è la tendenza a costruire deliberatamente dei nemici», ha detto lo scorso ottobre Papa Francesco. Nello stesso periodo nelle periferie romane accadeva una serie di gravi episodi di razzismo, culminati nell’impedire a bambini e ragazzi rom di andare a scuola. Che non bisogna dimenticare. Anche perché coloro che impediscono l’integrazione sono gli stessi che accusano “gli zingari” di non integrarsi.

La manifestazione anti-rom organizzata da Casa Pound.
La manifestazione anti-rom organizzata da Casa Pound.

Lo scorso 23 ottobre, Papa Francesco ha detto: «Non si cercano soltanto capri espiatori che paghino con la loro libertà e con la loro vita per tutti i mali sociali, come era tipico nelle società primitive, ma oltre a ciò talvolta c’è la tendenza a costruire deliberatamente dei nemici: figure stereotipate, che concentrano in se stesse tutte le caratteristiche che la società percepisce o interpreta come minacciose. I meccanismi di formazione di queste immagini sono i medesimi che, a suo tempo, permisero l’espansione delle idee razziste».

In questi mesi sono cresciuti nelle città italiane gli atti di razzismo che vedono rom e immigrati eletti come gruppo bersaglio. Spesso sono le periferie a essere infiammate, come hanno mostrato le cronache di Roma degli ultimi mesi.

Il 28 novembre, un gruppo di militanti di Casa Pound e studenti di due scuole superiori del quartiere Torrevecchia a Monte Mario, nord-ovest della capitale, hanno impedito a 90 bambini del vicino campo rom di via Lombroso di andare a scuola, chi alle medie, chi alle elementari e chi all’asilo. Dall’uscita del campo, i giovani si sono poi trasferiti davanti agli istituti alberghieri, con tanto di fumogeni e striscioni «No alle violenze dei rom. Alcuni italiani non si arrendono» e «Vogliamo farci sentire».

Lo schema della manifestazione razzista è da copione. Nei giorni precedenti, si era diffusa sulla stampa e nel web la notizia di un assalto da parte dei rom contro le scuole superiori della zona, con lanci di sassi e bottiglie verso alcuni studenti. Peccato che l’accusa fosse completamente infondata: nessuna denuncia mai arrivata alle forze dell’ordine, violenze smentite categoricamente dal Municipio e soprattutto da entrambe le presidi degli istituti coinvolti. Eppure, gli esponenti dell’estrema destra non hanno perso occasione per convocare il sit-in e marciare con fare minaccioso.

La polizia schierata a Tor Vergata, nei giorni delle tensioni.
La polizia schierata a Tor Vergata, nei giorni delle tensioni.

«Impedire ai ragazzi di andare a scuola è stato un gesto grave ed inqualificabile»

Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha commentato così quell’episodio: «Impedire ai ragazzi di andare a scuola è stato un gesto grave ed inqualificabile. Occorre vigilare e impedire che un clima di violenza e sopraffazione calpesti il primo luogo di crescita e libertà per i nostri ragazzi, il primo loro diritto, quello allo studio». E ha aggiunto: «Roma merita una riflessione più profonda sulla convivenza, a tutti i livelli. Occorre lavorare insieme per creare reti di dialogo e di solidarietà che sconfiggano un clima di paura e spaesamento, aiutino ad abbassare i toni e a costruire, insieme, una città più aperta e più sicura per tutti».

I disordini di Monte Mario ricordano quelli scoppiati a metà novembre sempre a Roma a Tor Sapienza, conclusasi con il trasferimento forzoso, a furor di popolo, dei minorenni ospitati dal Centro di prima accoglienza. Mentre andava in scena la caccia, anche fisica, ai capri espiatori, molti commentatori hanno parlato della vicenda come reazione di poveri «cittadini esasperati».

E le dicerie a proposito di scippi, aggressioni, tentati stupri – spesso senza traccia di prova, né denunce formali – sono state puntualmente riprese senza alcuna verifica. Anche in quel caso era intervenuta la Comunità di Sant’Egidio, da anni presente a Tor Sapienza, dicendo: «Non valgono le semplicistiche spiegazioni sociologiche fornite da osservatori superficiali; più che di un presunto disagio sociale o di una “guerra tra poveri” che si vorrebbe innescare ad arte, si tratta di episodi violenti a sfondo razzista, che dimostrano come nei quartieri delle periferie urbane si stia diffondendo una pericolosa cultura della violenza, che va contrastata con una positiva azione di sensibilizzazione sociale».

Pare poi che la criminalità di Tor Sapienza, soprattutto italiana, non apprezzasse la presenza della polizia che controllava il centro dei rifugiati minorenni, disturbava i suoi traffici. I fatti del resto erano chiari: esponenti fascisti, incappucciati e al grido di «bruciamoli tutti», hanno assaltato con pietre, bombe carta e una molotov, un centro per ragazzini senza genitori e richiedenti asilo in fuga dalla guerra. Hanno poi incitato contro di loro la gente del quartiere, che ha tanti problemi ma non quello di questi stranieri, nessuno dei quali coinvolto in episodi di criminalità.

Durante i raid, i minorenni non accompagnati, che stavano seguendo un positivo percorso di reinserimento sociale, hanno scritto in una lettera aperta: «È da tre giorni che viviamo nel panico, bersagliati e sotto attacco: abbiamo ricevuto insulti, minacce, bombe carta. Siamo tornati da scuola e ci siamo sentiti dire “negri di m…”; non capiamo onestamente cosa abbiamo fatto per meritarci tutto ciò».

Ha pianto invece il rifugiato congolese, che era arrivato due mesi prima al centro di Tor Sapienza e si è ritrovato circondato dalla folla che lo chiamava “negro” e urlava di volerlo lapidare e bruciare. In dieci l’hanno pestato ed è finito in ospedale con due costole rotte e il capo segnato dai colpi ricevuti.

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Rom e sinti, italiani che lavorano
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