La Polonia scivola verso una democrazia depotenziata, potere del partito unico, dell’uomo solo al comando, senza controlli di alcuno, senza bilanciamento tra istituzioni. La decisione del Governo della destra nazionalista del Pis di cancellare la divisione dei poteri, con tre leggi che annientano l’autonomia della magistratura, sbriciola uno dei pilastri della democrazia che riporta la Polonia al tempo oscuro del comunismo.
I giovani sono andati in piazza, 160 cortei hanno percorso altrettante città polacche, anche i vescovi hanno criticato il Governo della cattolicissima Beata Szydlo e di Jaroslaw Kaczynski, leader del Pis, il partito conservatore il cui acronimo rimanda alle parole polacche “Diritto e giustizia”, ormai un paradosso semantico nella Polonia di oggi.
All’ultimo momento è intervenuto il presidente polacco Andrzej Duda, che fa parte dello stesso partito ma ha della democrazia un’idea più alta, mettendo il veto su tre provvedimenti poi ridotti a due. Duda ha firmato la legge che prevede la nomina dei giudici da parte del Governo in alcune Corti minori, ma ha bloccato i provvedimenti sulla Corte suprema polacca e sull’indebolimento del loro Consiglio superiore della magistratura. Lo slogan ripetuto nelle piazze era “3xnie” tre volte no, e ricordava “3xtak” tre volte sì, quello delle manifestazioni di massa di Solidarnosc contro il potere comunista. La magistratura in Polonia è l’unico argine alla destra populista e ultranazionalista al potere, che nei mesi scorsi ha rifiutato le quote europee di rifugiati e insieme a Repubblica ceca e Ungheria è stata sanzionata dall’Unione europea. Con le leggi sui giudici Varsavia conferma di volersi allontanare definitivamente dall’Europa oltre che dallo stato di diritto, dopo aver già approvato una legge restrittiva sulla libertà di stampa. Per questo i giovani hanno protestato e costretto il Paese a fare i conti con la sua memoria e con le lotte del suo recente passato.
Eppure Varsavia fatica a rendersene conto e preferisce l’abbraccio di Viktor Mihály Orbán, il leader nazionalista ungherese, campione della lotta totale all’immigrazione. L’Ue è pronta ad attivare la procedura più grave prevista per uno Stato membro, mai scattata finora, e cioè la sospensione del voto polacco in Europa. Ma occorre l’unanimità dei Paesi membri e l’ungherese Orbán ha già minacciato di voler salvare la Polonia, creando così un nuovo polo di euroscettici rottamatori della democrazia.