Migranti morti nel Mediterraneo e poveri avranno, finalmente, una degna sepoltura. Nel cimitero di Armo (Reggio Calabria), in un’area ristrutturata sono state ricavate 140 tombe per altrettante persone, molte delle quali rimaste sconosciute. La cittadina collinare, nel 2016, aveva accolto, oltre a donne, uomini e bambini, anche 45 salme di migranti che non erano sopravvissuti alla traversata. Negli anni se ne sono aggiunte altre. Seppellire i morti, ha subito commentato il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, «è considerata dalla tradizione della Chiesa come un’opera di misericordia, che riguarda il rispetto per il corpo e la vita di una persona. Questo gesto porta con sé anche un messaggio forte: non possiamo abituarci che il Mediterraneo da mare nostrum diventi mare monstrum, mare di nessuno dove si muore per omissione di soccorso. La morte di queste persone è una grande domanda che impone la ricerca condivisa di soluzioni efficaci e umane, compresa l’apertura di corridoi umanitari a tutela dei richiedenti asilo». La sepoltura, che viene ricordata con una cerimonia il 10 giugno, è resa possibile grazie all’impegno dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova e al contributo di Caritas Italiana, con la collaborazione delle Istituzioni locali. «È un gesto di tanta umanità», ha aggiunto l’arcivescovo di Bologna, «frutto di solidarietà della quale ringrazio tanto, ma è anche un appello forte alla responsabilità politica, culturale e sociale di tutti verso il cammino dei migranti».
Alla cerimonia di inaugurazione dell’area partecipano monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, Maria Angela Ambrogio, direttrice della Caritas diocesana, alcuni volontari del Coordinamento diocesano sbarchi, Carmelo Versace e Paolo Brunetti, sindaci facenti funzioni rispettivamente della Città metropolitana e del Comune di Reggio Calabria, e Massimo Mariani, prefetto di Reggio Calabria.