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domenica 09 novembre 2025
 
l'inchiesta
 

Presunti abusi sessuali a Prato, la diocesi si è mossa per prima

29/01/2020  Indagate nove persone appartenenti ai Discepoli dell’Annunciazione, comunità religiosa sciolta dal Vaticano a dicembre scorso. Il vescovo Nerbini e il suo predecessore Agostinelli avevano informato la Procura: «Il primo interesse che la Chiesa di Prato ha è quello della ricerca della verità. Auspico che la magistratura, nell'interesse di tutti, possa portare quanto prima a termine le indagini»

La notizia dell’indagine della Procura di Prato per violenza sessuale su minori e violenza sessuale di gruppo nei confronti di nove persone appartenenti alla comunità religiosa dei Discepoli dell’Annunciazione, sciolta dal Vaticano a dicembre, non ha colto impreparata la diocesi toscana. Era stato infatti il vescovo, monsignor Giovanni Nerbini, a recarsi in procura a dicembre per denunciare alcuni fatti di cui era venuto a conoscenza riguardanti alcuni membri dell’ex comunità, «attuali e passati, sacerdoti e non», si specifica nella nota della diocesi. «Non nascondo», spiega Nerbini, «il mio dolore e la mia viva preoccupazione e vorrei sperare che gli addebiti mossi non risultino veri, ma voglio chiaramente dire che il primo interesse che la Chiesa di Prato ha è quello della ricerca della verità. Per questo auspico che la magistratura, nell'interesse di tutti, possa portare quanto prima a termine le indagini». Nella nota pubblicata sul proprio sito la diocesi spiega che la vicenda aveva avuto inizio nel giugno 2019, quando all'allora vescovo Franco Agostinelli era stata presentata una denuncia da parte di un giovane, «il quale raccontava – scrive ancora la Curia – che diversi anni prima, quando lui era minorenne, aveva subìto abusi sessuali e psicologici all'interno della comunità in questione». Della notizia il vescovo aveva dato immediatamente comunicazione alla Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale nel settembre scorso aveva disposto la celebrazione di un processo amministrativo penale. L'attuale vescovo Nerbini, insediatosi il 7 settembre scorso, aveva «immediatamente provveduto all'apertura di tale procedimento – tuttora in corso – secondo le norme del Diritto canonico. Senza attenderne le conclusioni», a dicembre, «di propria spontanea iniziativa si era recato presso la Procura della Repubblica di Prato», a cui esprime «piena fiducia» continuando a offrire agli inquirenti «la fattiva collaborazione della Diocesi».

Le persone indagate sono nove (cinque sacerdoti e quattro religiosi) tra cui don Giglio Gilioli, il sacerdote veronese trasferitosi a Prato e fondatore dell'ex comunità. Le presunte vittime sono due fratelli, entrambi minorenni all’epoca in cui si sono verificati i fatti ed entrambi affidati per ragioni di cura, educazione, istruzione e custodia ai sacerdoti e ai religiosi della comunità. I presunti abusi si sarebbero consumati, ipotizza la Procura, fra le mura dell’ex comunità religiosa, sia nella sede di Prato in via Bologna, che in quella di Calomini in provincia di Lucca.

La conferenza stampa convocata per mercoledì mattina dal vescovo di Prato, monsignor Giovanni Nerbini, 65 anni (Ansa)
La conferenza stampa convocata per mercoledì mattina dal vescovo di Prato, monsignor Giovanni Nerbini, 65 anni (Ansa)

La prima inchiesta diocesana nel 2013, nel dicembre scorso lo scioglimento

Va detto che i Discepoli dell’Annunciazione, riconosciuti nel 2010 come associazione pubblica di fedeli, non esistono più. Il 16 dicembre scorso, infatti, con una lettera inviata a monsignor Nerbini, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata della Santa Sede ha deciso di sopprimerla. Diverse le motivazioni dello scioglimento segnalate nel documento: i limiti nel reclutamento e nella formazione dei membri, la non adeguata distinzione tra foro interno e foro esterno (vale a dire la separazione tra l'ambito della coscienza, spettante al confessore, e quello della disciplina, di pertinenza del superiore religioso) e deficienze nell'esercizio dell'autorità.

I Discepoli dell’Annunciazione furono fondati dieci anni fa da don Giglio Gilioli. Particolarmente dedita alla spiritualità mariana, da qui la denominazione, la comunità aveva raccolto diversi giovani, provenienti da varie parti del mondo, intenzionati a diventare sacerdoti religiosi. Però, come ha spiegato la Congregazione motivando la soppressione, non era riuscita a radicarsi né per quanto riguarda la messa a punto del carisma originario né per la struttura comunitaria né per il numero degli aderenti. Infatti, in questi anni, molti membri dell’associazione sono usciti: alcuni hanno abbandonato la vita religiosa, altri hanno chiesto di diventare sacerdoti della diocesi di Prato. Per tutti questi motivi già nel 2013 la diocesi aveva disposto una verifica ufficiale (la cosiddetta «Visita canonica») a cui ne era seguita un’altra nel 2018, voluta direttamente dalla Santa Sede.

Il documento della Congregazione spiega: «Persistendo le medesime criticità acuite da un ulteriore riduzione numerica, da atteggiamenti di diffidenza e di distacco nei confronti dell’autorità diocesana e da forti perplessità sullo stile di governo del fondatore e sulla sua idoneità nel ricoprire tale ruolo», decreta, con effetto immediato, lo scioglimento dell’associazione pubblica di fedeli "Discepoli dell’Annunciazione".

Il procuratore Nicolosi: «Indagini nella fase iniziale»

  

L’indagine è alle prime battute, come ha spiegato il procuratore di Prato Giuseppe Nicolosi: «Siamo nella fase iniziale delle indagini che si basano solo un dispositivo dichiarativo, non abbiamo certezze e stiamo cercando di approfondire». Da quanto appreso l'indagine sarebbe scaturita da una relazione dell'ufficio dei servizi sociali del Comune di Prato alla quale poi, a inchiesta aperta, si sarebbe aggiunta la querela di un uomo che ha denunciato abusi ai suoi danni e a quelli di suo fratello quando entrambi avevano meno di 14 anni.

Nei giorni scorsi, su disposizione delle pm titolari dell’inchiesta, Laura Canovai e Valentina Cosci, come scrive il quotidiano La Nazione, sono scattate perquisizioni personali sia a carico dei nove indagati sia relative alle varie sedi dell’ex comunità religiosa: non solo quelle di Prato e di Calomini, ma anche in una terza aperta ad Aulla. Questo perché, secondo la Procura, c’è un fondato motivo per ritenere che gli indagati possano conservare in quei locali documenti cartacei e informatici, comprese registrazioni audio e video, relativi agli episodi incriminati. Documenti, pensano gli investigatori, dai quali potrebbe anche emergere l’esistenza di altre vittime, oltre ai due ragazzi che accusano i religiosi.

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