«E’ una tragedia di tutti. Un dolore grande che va oltre l’etnia delle vittime e che accomuna in un unico abbraccio italiani e cinesi». E’ determinato nelle sue affermazioni don Francesco Saverio Wang, parroco cinese della diocesi di Prato. Ha 40 anni. Viene dalla diocesi cinese di Qiqihar, nel nord della Cina. E' arrivato nella città toscana nell’agosto del 2009. Risiede nella parrocchia dell’Ascensione, dove la piccola comunità di cattolici cinesi composta da circa 150 persone su 50.000 residenti a Prato, convive con la comunità dei credenti italiani. Un piccolo gruppo immerso in un contesto sociale dai grandi problemi.
«Durante la settimana – continua padre Wang – faccio spesso visita a miei parrocchiani nei capannoni industriali. Vado io, perché loro a causa dei turni lavorativi (16 o 18 ore , 7 giorni su 7 n.d.r.) non li vedo frequentemente. Per aver partecipato la domenica pomeriggio alla S.Messa o essere venuti ad un ritiro spirituale, alcuni hanno rischiato il licenziamento. Per nessuna ragione possono lasciare il posto di lavoro». Le aziende, spesso, vengono chiuse dall’esterno dal proprietario per evitare i controlli delle forze dell’ordine. Egli torna solo a controllare, a fine turno, il lavoro svolto. Gli operai, molte volte, sono dei reclusi, senza possibilità di uscita neanche in caso di emergenza. «Visitando i luoghi di lavoro – aggiunge padre Wang – vedo in molti casi la totale assenza delle misure minime di sicurezza. Contenitori con liquidi infiammabili o materiali ad alta combustione presenti ovunque e la totale mancanza di sistemi antincendio».
In molti, a Prato, si aspettavano una tragedia del genere; le condizioni di vita e di lavoro di queste persone sono conosciutissime. Ma gli interessi economici, cinesi ed italiani, sono molto elevati. Diverse agenzie, per il trasferimento del denaro all’estero, nella provincia pratese, sono entrate nell’interesse della Guardia di Finanza; in media, circa 1.350.000 euro al giorno vengono inviati verso la madrepatria. Questo spiega, in parte, perché tutti coloro che hanno interessi forti in gioco, sia cinesi che italiani, vorrebbero che i riflettori della cronaca si spostassero altrove rapidamente e che quello che è successo fosse dimenticato in fretta.
Negli ultimi anni a Prato e a Firenze le Forze dell’ordine hanno fatto irruzione in appartamenti che erano stati adibiti a banche clandestine, all’interno delle quali sono stati sequestrati dagli 80 ai 100 milioni di euro in contanti. Analoghe operazioni di Polizia sono state portate a termine per chiudere falsi studi medici, attrezzati per piccoli interventi, e 4 “farmacie” clandestine dove sono stati sequestrati 12.000 medicinali. In sintesi, una “macchina” produttiva molto efficiente, autonoma e autarchica, con indici di evasione fiscale, si stima, del 50%.
«Certe tragedie – puntualizza don Francesco Saverio – non devono ripetersi. La repressione ed i controlli non bastano, dobbiamo aumentare la formazione per la sicurezza del lavoro e l’educazione al rispetto della legge. Per i cinesi e per gli italiani, perché bisogna uscirne insieme». La diocesi pratese, da anni, ha investito molti uomini e mezzi per la comunità cinese: oltre alla parrocchia di padre Wang, ha assunto alla Caritas una ragazza madrelingua che si dedica esclusivamente ai propri immigrati soprattutto in ambito sanitario (curarsi è un lusso, l’assenza al lavoro per malattia è poco tollerata n.d.r.), ha istituito un equipe di sei persone, due frati e quattro suore, che lavorano con i giovani cinesi. «Molto è stato fatto e molto c’è ancora da fare – dice monsignor Santino Brunetti, vicario episcopale per gli immigrati – ma il problema è complesso. Dietro a queste morti c’è un sistema di sfruttamento al limite della schiavitù, fondato e diretto dalla mafia cinese e italiana».
Anche monsignor Franco Agostinelli, vescovo di Prato, non usa mezzi termini:«Bisogna aumentare gli sforzi perché la legalità si affermi. C’è questa volontà da parte di tutti ? Spero di si. Perché volere la legalità significa rinunciare ai privilegi e ai vantaggi. Ristabilire un equità, per la dignità e la giustizia, ha un costo che certi centri di potere sono restii a pagare, preferendo ostacolare qualsiasi tipo di cambiamento».