L’attuale presidente finlandese, Sauli Niinistö, è in corsa per il rinnovo del suo mandato, con elezioni a fine gennaio 2018 e possibile ballottaggio l’11 febbraio. Ma non è questo il motivo per cui è finito su tutti i giornali a livello internazionale, quanto piuttosto perché ha dichiarato che proprio in quei giorni, nel pieno della campagna elettorale, intende avvalersi del congedo genitoriale (di paternità, più propriamente), che la legge consente alla nascita di un figlio. Sì, perché proprio a febbraio dovrebbe nascere il suo terzo figlio. Attorno alla notizia si sono scatenati prima di tutto gli elettori finlandesi, e poi numerosi commentatori a livello europeo – e non solo. E il dato merita in effetti qualche riflessione.
La prima: dal punto di vista individuale colpisce – in positivo – una scelta forte, di responsabilità personale, di un padre che, anche nel pieno di un impegno così gravoso, come una campagna elettorale, sceglie come priorità di vita la nascita del figlio, le proprie responsabilità genitoriali, Un bell’insegnamento, per tanti padri che hanno come priorità assoluta il lavoro, e delegano alle sole madri la cura dei figli. In fondo la nascita di un figlio è evento unico, i primi giorni di vita sono magici, e i primi a perderci, in ultima analisi, sono proprio i padri, a non godersi il miracolo della vita e dei suoi inizi. Poi i figli cresceranno, e quei giorni non tornano…
La seconda: e non so se definirla in positivo o in negativo; questa scelta è stata possibile in Finlandia, una nazione (un popolo) in cui la presenza dei padri nei compiti di cura per i propri figli è altissima, e in cui i congedi per i padri sono fortemente sostenuti. E il confronto con il nostro Paese, in questa prospettiva, è oggettivamente sconfortante. Le condizioni economiche e giuridiche sono davvero minime, da noi, rispetto alla Finlandia (durata dei congedi, tipo di remunerazione – 54 giorni di congedo retribuito, per i padri, in Finlandia!), ma soprattutto è il contesto culturale che è diverso.
La terza: un padre finlandese che rimane a casa per suo figlio non è solo “tollerato”, ma è “normale”, mentre da noi, soprattutto all’interno dei contesti organizzativi del lavoro, un padre che chiede due – tre giorni di congedo/permesso per stare a casa alla nascita del figlio è molto spesso un “traditore”, quando non addirittura “meno maschio”…. (“ma non ci pensa già tua moglie? Non dovrai mica restare a casa a cambiare pannolini?”). Le leggi in effetti fanno la differenza, tra Finlandia e Italia, per i padri, ma non bastano: serve una vera e propria “conversione dello sguardo”, a livello culturale. Ma, in ogni caso, introdurre nei contratti nazionali, decentrati e aziendali qualche elemento di maggiore attenzione ai padri alla nascita dei figli sarebbe davvero prioritario.
Un’ultima riflessione, un po’ più impertinente, per uscire un po’ dal “santino” della scelta eroica: il Presidente finlandese è nato nel 1948, e quindi ha 69 anni; auguri per lui per questa paternità attempata, ma qualche dubbio sul reale bisogno di “stare a casa” è legittimo… e il fatto che di questa scelta, squisitamente privata, si sia fatta una bandiera “pubblica” fa sorgere anche qualche sospetto di “strumentalizzazione a fini elettorali”. In fondo, anche nella civile e modernissima Finlandia, quando ci sono le elezioni, si tratta comunque di recuperare il consenso popolare… Pubblico e privato si mischiano, per un uomo così esposto, ed è difficile capire il giusto equilibrio tra la testimonianza di un valore e la scelta opportunistica e pubblicitaria.
Ma qui verrebbe fuori un ulteriore discorso, che ci porterebbe fuori tema, ma che sarebbe interessante rilanciare, sul rapporto tra vita politica e normalità, e che fa riferimento anche al ruolo femminile in politica. In effetti la vita familiare delle persone che fanno politica è fortemente messa sotto stress, e anche per questo molte donne con figli fanno fatica ad emergere in ambito politico, perché la genitorialità (maternità e paternità) nel nostro Paese rimane comunque una specie di “lusso privato”, che costituisce un oggettivo vincolo, una sorta di “handicap”, nel confronto con chi non ha figli. Insomma, anche in questo ambito, anche dalla storia del Presidente finlandese, viene fuori che “l’Italia non è un Paese per bambini”, e tantomeno per chi li fa.
E quindi, “coerentemente”, ma anche “tristemente”, l’inverno demografico continua, e nascono sempre meno bambini. E questa, checché se ne dica, è una vera e propria emergenza culturale, valoriale, economica e progettuale del sistema Paese. Ben vengano, quindi, anche rinnovate attenzioni ai bisogni dei padri e delle madri.
Francesco Belletti, direttore del Centro Internazionale Studi Famiglia