Alla cena di classe di fine anno della quarta elementare di nostro figlio, alcuni bambini hanno ripetutamente inviato insulti e parolacce a un loro ex compagno trasferitosi in un comune vicino. Noi genitori l'abbiamo saputo il giorno dopo, da un’altra nostra figlia.
Ci è crollato il mondo addosso: proprio nella stessa classe era stato fatto un laboratorio di sensibilizzazione sul cyberbullismo. Com'è possibile che non abbiano capito? Noi puntiamo sul far ragionare nostro figlio (che si è allontanato dal gruppo ma non ci ha raccontato niente “per non fare la spia”) su come si sarebbe sentito lui se avesse ricevuto gli insulti, e sul suo dovere di riferire quanto accaduto. Ma temiamo che non sia abbastanza. Cosa ne pensa?
GIADA
Risposta Di Alberto Pellai
– Cara Giada, bambini di dieci anni con in mano uno smartphone: che probabilità abbiamo che sappiano farne un buon uso?
Quale effetto ha un laboratorio di prevenzione del cyberbullismo con bambini della scuola primaria se poi gli stessi bambini non sanno applicarne le regole appena apprese?
Credo che nel caso che ci proponi tu, Giada, il tema non sia perché sono stati “cyberbulli”, ma il vero tema sia: “Come un bambino di 9 anni può gestire le relazioni, le comunicazioni e l’empatia all’interno del gruppo dei pari dentro uno strumento di connessione che sposta tutto dalla dimensione reale a quella virtuale?”. Ecco, credo che questo sia il tema su cui riflettere.
Gli smartphone e le interazioni virtuali sono strumenti che accelerano tutto, che non ti permettono di riflettere in modo adeguato su ciò che stai facendo. Inoltre, scrivere cose offensive a una persona dentro una chat, nei bambini non attiva nessun coinvolgimento emotivo diretto.
L’altra persona non è lì davanti a te, tutto avviene solo nella tua mente e non hai alcun dato oggettivo fornito dalla persona offesa che ti fa sentire quello che “sente” lei. Per questo, capita spesso che anche in scuole in cui vengono fatti programmi di educazione digitale e di prevenzione del cyberbullismo, continuino a verificarsi episodi in cui nell’online bambini e bambine fanno pasticci o creano danni a sé stessi o ad altri.
Credo che il problema sia a monte: anche con una buona educazione digitale, per i minori è davvero difficile sapersi muovere nell’online in modo sempre adeguato e appropriato.
Del resto, ne siamo un evidente esempio anche noi genitori, che all’interno dei nostri gruppi WhatsApp della scuola spesso facciamo danni ancora maggiori di quelli messi in atto dai nostri figli. Ora serve che tutti i bambini coinvolti nella chat chiedano scusa al loro compagno. E lo facciano di persona, guardandolo in faccia. Questo intervento sarà la cosa più educativa e formativa, che lascerà un segno, per sempre e che preverrà altri danni futuri.