«Con l'elezione diretta del nostro presidente il Papa ci vuole fare un regalo. Non sarebbe bello rifiutarlo», commenta un vescovo all'uscita dai lavori dell'Assemblea generale della Cei. «Dopo che il Papa, nel dibattito seguito
al suo intervento di lunedì, ha di nuovo parlato di elezione, sarebbe stato strano se noi avessimo
ignorato la cosa», dice un altro prelato scappando via. «Non posso fermarmi
perché non c'è molto tempo. Abbiamo finito tardi e la convocazione del
pomeriggio è anticipata alle 16 per discutere e, quasi sicuramente,
votare».
Che il Papa avesse ribadito l'importanza che la Conferenza episcopale italiana, come le altre del mondo, eleggesse il suo presidente invece di attendere la nomina papale, lo si era capito anche dalle parole del cardinale Bagnasco. Nell'intervento che dava avvio ai lavori della seconda giornata, il presidente della Cei aveva infatti sottolineato che gli emendamenti sia allo Statuto che al Regolamento preparati dal Consiglio permanente sarebbero stati sottoposti alla «saggezza della nostra Assemblea, perché tutto venga esaminato, eventualmente migliorato in forme correttive o nuove».
Alle 15 di mercoledì 21 maggio si è riunito il Consiglio permanente proprio per apportare alla bozza che era stata presentata in Assemblea quelle correzioni sostanziali che dovrebbero aprire la strada all'elezione, probabilmente a novembre, del nuovo presidente della Cei.
UN SERRATO DIBATTITO
«Un confronto serrato, ma sereno», dice qualcun altro ribadendo quello che stamattina ha detto il cardinale Marc Ouellet, presidente della Congregazione per i vescovi, durante la messa che ha aperto i lavori della giornata: «Non
si tratta di raggiungere un compromesso di ordine politico o
organizzativo, ma di prendere più profondamente coscienza di che cosa
siamo». Nell'omelia il cardinale aveva ricordato che «l'obiettivo di
qualsiasi assemblea episcopale convocata nel Signore è di fare corpo
nello Spirito ricevuto dal Signore per pascere le sue pecore. Perciò
siamo sempre invitati, anzi obbligati ad assumere quell'atteggiamento
teologale che permette di cogliere più adeguatamente il punto di vista
altrui e, quindi, di discernere ciò che lo Spirito sta dicendo alla
Chiesa e verso dove la sospinge».
Se non si è in questo atteggiamento, ha proseguito il cardinale,
«l'Assemblea non dà frutto, le posizioni rischiano di irrigidirsi
cedendo il passo alla divisione e al gioco del cattivo spirito.
L'Assemblea è esercizio di potatura dal momento che, per arrivare a una
decisione comune, ognuno deve essere disposto all'accoglienza e alla
condivisione, anche a prezzo di qualche concessione o rinuncia affinché
regni l'unità. Per questo chiediamo la grazia di non abbassare il livello spirituale della nostra Assemblea a un gioco di fazioni, di polarizzazioni e di politica».
«E' quello che stiamo facendo», conclude un altro. «La discussione è
molto ampia e non c'è paura di dire quello che si pensa. Per cercare
insieme di prendere le decisioni migliori non per noi, ma, citando
ancora il cardinale Ouellet, "per amore del popolo di Dio che è affidato
alla nostra cura pastorale"».
LA DECISIONE (STORICA) NEL TARDO POMERIGGIO
Alcune delle tematiche all'ordine del giorno sono state rinviate per
concentrarsi sulla discussione dello Statuto. Alla fine dei lavori del
pomeriggio la decisione sulla elezione del presidente è arrivata. Il
compromesso dice di una terna (finora l'art. 26 recitava che «la nomina
del Presidente della Conferenza è riservata al Sommo Pontefice») in cui
sarà indicata anche la preferenza ottenuta da ciascuno.
Gli altri emendamenti allo Statuto, così come il regolamento, saranno
discussi e votati a novembre e poi inviati in Vaticano per la recognitio.
Sarà poi il Papa a decidere se lo Statuto sarà immediatamente esecutivo,
con dimissioni dell'attuale presidente e votazione della terna, oppure se il tutto sarà posticipato alla fine del mandato del cardinale Bagnasco, cioè tra tre anni.