I MUSULMANI NELLE CHIESE CATTOLICHE La Cei plaude all’iniziativa di qualche imam di invitare i musulmani a partecipare, in segno di pace e fratellanza, alla celebrazione della Santa Messa domenicale nelle chiese cattoliche. Ma come si può mettere sullo stesso piano Maometto e Gesù Cristo?
Per il cristiano Gesù è Figlio di Dio, la seconda Persona della Trinità venuto a mostrarci il “Volto” di quel Dio rivelatosi nell’Antico Testamento attraverso i profeti! E per dimostrarci questo suo amore e parlarci di vita eterna dopo la morte, si è fatto inchiodare sulla croce. Il Dio cristiano, Padre, Figlio e Spirito Santo, nulla ha da spartire con Allah! Sono i musulmani a dirlo, perché ci credono infedeli e non monoteisti proprio per la questione del Dio Uno e Trino.
Che ce ne facciamo di una pace per la quale dobbiamo seppellire, oltre alle armi, la nostra fede, famiglia, identità, cultura, patria, Stato di diritto, coscienza, arte, musica, cucina...? Credo che invocheremmo la guerra per riprenderci quella libertà preziosa che Cristo stesso ci ha guadagnato, di cui parla san Paolo.
PATRIZIA STELLA
RISPONDE IL TEOLOGO
Il gesto suscitato e vissuto da rappresentanti dell’islam di recarsi nelle chiese cattoliche per incontrare e manifestare solidarietà ai fedeli e ai pastori è stato un atto coraggioso e profetico e, in quanto tale, esposto all’incomprensione, se non al dileggio e al disprezzo, in ambedue le appartenenze. È il destino di ogni profezia. Esso pertanto va compreso e interpretato nel suo senso più profondo perché non alimenti ulteriori contrapposizioni. E perché sia compreso va innestato nell’attuale momento tragico che l’Europa e il mondo stanno vivendo e che vede sangue versato nelle strade e nelle chiese e timori e paure nelle coscienze. In quanto tale questo gesto è inversamente proporzionale alla violenza perpetrata in una chiesa cattolica, costata la vita a un semplice prete, che stava celebrando l’Eucaristia. Come i terroristi sono entrati in una chiesa per profanare la fede, che in essa si professa, e per compiere un atto d’inaudita violenza su un ministro del culto, così gli imam e i fedeli islamici si sono recati nelle chiese domenica 31 luglio per manifestare solidarietà e rispetto per quanto in esse si celebra.
Coloro che lo contestano, da una parte e dall’altra, rischiano, con il loro silenzio e a volte con parole invocanti la «guerra di religione» e il «conflitto di civiltà», di diventare, magari inconsapevolmente, complici del terrorismo e della violenza e certo non si mostrano «operatori di pace». La presenza in chiesa e l’accoglienza da parte dei cristiani ha voluto significare che le parole di condanna ed esecrazione non sono sufficienti, ma che occorre vivere eventi di incontro e di dialogo, che vadano oltre la pura e semplice tolleranza e il dovuto, magari formale, rispetto.
NESSUN SINCRETISMO, LA DIFFERENZE FRA I MONOTEISMI
Come molti hanno ricordato, e tra questi l’imam di Firenze (lo stesso che ha portato il saluto al convegno della Chiesa italiana lo scorso novembre), «lo spirito con cui ci muoviamo non è di creare sincretismo. Non si tratta di fondere elementi delle varie fedi religiose in un “miscuglio” che non ha senso. La nostra presenza in oltre cento chiese italiane ha avuto come valore quello di riconoscere le diversità».
Quella diversità, tanto invocata anche da chi non ha compreso o ha contestato questa presenza, trova il suo punto nevralgico nel mistero di Dio. Certo il monoteismo cristiano si differenzia da quello ebraico e da quello islamico, perché la nostra fede professa il Dio unitrino, che è amore e il cui Figlio è stato crocifisso ed è risorto per la nostra salvezza, ma affermare che il Dio di Gesù Cristo è tutt’altro dal Dio coranico significherebbe ritenere che Egli è tutt’altro dal Dio di Abramo.
Ma non è così – nonostante le differenze fra l’Abramo biblico e quello coranico –, perché il Dio di Gesù Cristo e dei cristiani include, non esclude né distrugge quello che credenti in altre religioni invocano. Questa consapevolezza richiede che con la riflessione teologica e il dialogo autentico superiamo il momento emotivo e meditiamo, approfondendo per quanto possibile, il mistero del Dio che adoriamo.
Poiché per noi cristiani il volto di questo Dio si mostra nel crocifisso e il suo nome è amore, siamo interpellati non a invocare la guerra e la violenza, piuttosto a subirla che a perpetrarla. E se «è seme il sangue dei cristiani» e di tutti gli innocenti che subiscono violenza, ci auguriamo che questo seme cada sul terreno fertile della ricerca dell’incontro e della pace, piuttosto che sulle pietre o sui rovi della violenza e del terrorismo anche solo verbale.
Pino Lorizio