Siamo all’ennesima, sterile polemica sul crocifisso nelle aule scolastiche. Proprio nei giorni in cui nelle scuole mancano gli insegnanti e non basta un esercito di supplenti per riempire le cattedre, scoppia di nuovo l’inutile querelle “crocifisso sì, crocifisso no”, provocata da una risposta del ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, al conduttore del programma di Rai Radio2 “Un giorno da pecora” del 30 settembre scorso. “Il crocifisso? Una questione divisiva che può attendere", ha esordito. "Credo in una scuola laica e ritengo che le scuole debbano permettere a tutte le culture di esprimersi; non esporre un simbolo in particolare”, questo il pensiero del ministro ai microfoni della Rai.
E’ vero che si trattava di un contesto “leggero”, da ironico salotto radiofonico, e il ministro non era certo impegnato ufficialmente a dettare le linee programmatiche della scuola italiana o a disquisire di laicità, ma bastano poche battute per riaprire vecchi dibattiti ideologici di cui nessuno sentiva proprio il bisogno. Perché mai voler eliminare un simbolo che ha sempre avuto la forza di parlare a ogni uomo anche se non cristiano, in quanto “volto universale dell’umanità, della sofferenza e della carità che la riscatta”? E perché rimettere in discussione una questione già chiarita peraltro da più sentenze recenti? In merito, infatti, come è stato ricordato da più parti, si sono espressi due pronunciamenti del Consiglio di Stato, una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e una della Corte Costituzionale: non ci sono elementi, per i giudici, che provino influenza sugli alunni dell’esposizione del crocifisso in classe.
Il ministro sostituirebbe volentieri il crocifisso in aula, (e pure la foto del presidente della Repubblica Mattarella) con «una cartina del mondo con dei richiami alla Costituzione». E perché mai? Beninteso non abbiamo nulla nei confronti della geografia, anzi; ma perché, in nome di una malintesa laicità, cancellare un simbolo di amore e fratellanza universale, oltreché un segno storico delle radici culturali e spirituali più genuine della storia del nostro Paese e dell’intera Europa, che da sempre è presente nelle aule scolastiche italiane? Perché oscurare, in nome di un vuoto neutralismo, una presenza che non impone nulla a nessuno, e anche per chi non crede è “lezione di umanità e civiltà”? La vera laicità è solo ad escludendum? E’ fare, ogni volta, tabula rasa della propria storia, o una continua rielaborazione dei contributi culturali più alti che sono l’anima di un Paese? Ricordiamo soltanto quanto ebbe e scrivere sul tema la scrittrice ebrea Natalia Ginzburg: “Non togliete quel crocifisso. C’è sempre stato. È il segno del dolore umano, della solitudine della morte, dell’ingiustizia. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo”. In altro modo, ma con pari lucidità, il grande filosofo laico Benedetto Croce affermò: ”Perché non possiamo non dirci cristiani”, che è anche il titolo di un suo noto saggio.
Detto questo, siamo convinti pure, come abbiamo altre volte avuto il modo di scrivere, che “le sorti e la difesa dei valori cristiani”, e financo “dell’identità culturale occidentale, non siano affidate alla solidità del chiodo cui è appeso quel simbolo in legno dentro un’aula scolastica. Bastasse questo! La scristianizzazione e la secolarizzazione avanzano perché le comunità cristiane a volte hanno staccato la croce, non dai muri, ma dalle proprie vite, dai propri volti e per questo sono diventate trasparenti, insignificanti. Incapaci di mostrare al mondo lo scandalo-grazia del Crocifisso, quello con la “C” maiuscola”. Ma questo è altro discorso.
Il rischio, comunque, è che anche una breve risposta alla radio, senza volerlo, sia chiaro, possa ridestare, passateci l’ossimoro, crociate… anticrocifisso, assieme a vetuste guerre di religione, e sull’altro fronte, dare facile pretesto per fomentare i peggiori clericalismi o, ancora, offrire il destro a chi brandisce croce e vangelo dai palchi dei comizi. Insomma, esercizio sicuramente assai più utile e urgente sarebbe quello di pensare a come riempire le cattedre, che quello di vuotare le aule dai crocifissi.