È sempre più difficile oggi definire una persona anziana. Sono numerose le variabili e i fenomeni che influiscono sulla sua qualità di vita e di conseguenza sull’invecchiamento fisico. La salute innanzitutto, la condizione familiare, ma anche il luogo in cui sivive. In Italia, quest’ultima voce è sicuramente la variabile più macroscopica dal momento in cui incide, eccome, su quell’età che tutti vorrebbero diventasse una “primavera inoltrata”: nei piccoli paesi, è provato, si sta meglio. L’analisi più recente ce la offre l’Auser, un’associazione da oltre vent’anni impegnata a promuovere l’invecchiamento attivo degli anziani e a far crescere il loro ruolo nella società. Intitolata "Le condizione di vita dell’anziano", la sua ultima ricerca mette in evidenza il grosso divario legato al nostro sistema pensionistico giustamente definito il «regno della disuguaglianza».
Un esempio su tutti. Chi vive in Molise deve aspettarsi l’importo medio della pensione di vecchiaia più basso del Paese (547 euro mensili), mentre gli anziani che vivono in Lazio, Lombardia, Liguria e Piemonte possono contare su importime di superiori ai mille euro, vale a dire quasi il doppio. In generale, se i pensionati italiani prendono circa 780 euro, chi ha più di 65 anni e vive al Sud dispone di una quota che diminuisce fino a 620 euro, mentre nel Nordovest la sua pensione può aumentare in media fino a 910 euro.
Sempre nelle Regioni meridionali si registra, poi, un’altra grande ingiustizia: se l’anziano del Sud è uomo, l’assegno medio mensile sale a 792 euro mentre scende fino a 490 euro per le donne. Infine, tra la pensione di un settantenne e quella di un ultraottantenne ci può essere una diminuzione di oltre 180 euro. Non c’è quindi da stupirsi se l’Auser segnala un aumento della povertà assoluta (calcolata sulla base di una soglia di povertà che corrisponde alla spesamensile minima necessaria per acquisireun determinato paniere di beni e servizi) tra gli ultra sessantacinquenni.
Tuttavia le famiglie anziane, quelle cioè con un capo famiglia nato nel 1945 o prima, e quasi anziane, quelle con capofamigliain età compresa tra 55 e 64anni, pur avendo un debito per i beni diconsumo (con parenti e amici) più elevatodelle giovani generazioni, sonomeno indebitate con un mutuo per l’acquistodella casa: lo sta pagando il 38,8per cento di chi ha più di 64 anni el’82,4 per cento di chi ne ha meno di 34. Aumenti, lievi, per le spese culturaliInoltre, ben il 77,6 per cento degli ultrasessantaquattrennirisulta proprietario dell’abitazione in cui vive contro il46,8 per cento dei giovani (minori di 34anni) e il 60,6 per cento di chi ha tra i 35e i 44 anni.
Solo 13,6 anziani su 100 devonopagare un canone d’affitto e il13,9 possiede una seconda casa. Perquanto riguarda le spese medie mensili, tra il 2003 e il 2008 un anziano sol oha aumentato esclusivamente quelle relative all’abitazione, all’energia e ai trasportimentre le ha ridotte per l’alimentazione, l’abbigliamento e le calzature. Ma se le pensioni in certe regioni sonosicuramente basse, i dati della Banca d’Italia raccolti dall’Auser ci fanno notareche negli ultimi 15 anni il reddito dellepersone con oltre 55 anni è aumentatocirca del 25 per cento risentendo assaimeno della crisi che, per contro, ha colpito maggiormente i redditi dei lavoratoripiù giovani.
Aumenti seppur lievi, infine, per i "consumi culturali”. Tra il 2002 e il2007 i nostri anziani sono andati in controtendenzarispetto alle abitudini nazionali:sono cresciute, infatti, le visiteai musei, la frequentazione degli spettacoliteatrali, dei concerti di musica classicae moderna, del cinema e la letturadi almeno un libro all’anno.