Duecentocinquantamila copie vendute in Francia, in corso di pubblicazione in 12 lingue, Le cose umane di Karine Tuil, pubblicato in Italia pochi mesi fa per La nave di Teseo, è stato un vero caso editoriale. Il regista Yvan Attal ne ha tratto il film L’accusa, con Charlotte Gainsbourg e Mathieu Kassovitz nelle sale da oggi 24 febbraio. Il film, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021, ha vinto il premio Kinéo. Al centro della narrazione un presunto stupro. Alexandre, figlio ventiduenne di un’attività dei diritti delle donne e di un popolare conduttore televisivo, rientra a Parigi per un breve soggiorno dagli Stati Uniti dove studia ingegneria, per presenziare alla cerimonia di conferimento di una prestigiosa onorificenza al padre. È un ragazzo sicuro di sé, abile pianista, molto disinvolto con le donne. Il padre non si fa trovare preso dalle sue vicende professionali e dalla sua ultima conquista, una stagista molto giovane. Alexandre va a cena dalla madre e dal suo nuovo compagno, e qui conosce la figlia diciassettenne di lui e la invita a una festa. Qui la narrazione si sdoppia: il punto di vista di lui e quello di lei. Di certo si è consumato un rapporto sessuale, che lui ha interpretato come consenziente perché lei non si è ribellata, mentre lei lo ha vissuto come uno stupro, perché estorto in modo subdolo, che ha subito incapace di reagire. Lei decide di denunciarlo, sottoponendosi alla tortura della deposizione, delle visite mediche. Si arriva al processo, dove gli avvocati dei due giovani cavillano su che cosa debba intendersi per stupro. Anche nello spettatore non ci sono certezze, sicuramente è in gioco il rapporto di dominio maschile nei confronti delle donne, una mentalità di “rapina” avvalorata anche dalle dichiarazioni del padre di Alexandre, mentre la madre fa appello alla vita rovinata del figlio, testimoniando la sua correttezza, la sua incapacità di fare violenza. La questione ci rimanda a recenti fatti di cronaca, come il processo che vede coinvolto Ciro Grillo, il figlio di Beppe Grillo. Stessa dinamica, una ragazza che segue il giovane a casa (nel film in una rimessa della pattumiera nel giardino fuori dalla casa della festa), viene fatta bere, ha i riflessi rallentati, non si oppone al rapporto sessuale che però vive come una prevaricazione e a distanza di giorni sporge denuncia. Dove sta il confine tra rispetto della volontà di una donna e violenza? Perché ci sia stupro è necessario che la vittima reagisca? Quanto la paura o la sudditanza paralizza la volontà di opporsi? Un dilemma che viene lasciato aperto dal film, e che interroga l’intera società sulla natura dei rapporti tra uomini e donne e il persistere di una cultura maschilista anche in società culturalmente avanzate come quella francese.