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giovedì 14 novembre 2024
 
 

Così la Chiesa italiana organizza l'accoglienza

18/09/2015  Coinvolte Fondazione Migrantes, Caritas e Fondazione Missio cui è stato chiesto di redigere un progetto organico. I vescovi ne dicuteranno nel Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, in agenda tra il 30 settembre e il 2 ottobre.

In questa foto d'archivio, alcuni rifugiati ospitati in una chiesa di Vienna nel gennaio 2013. In alto: bambini scappati dal Medio Oriente in un campo profughi ad Amburgo, in germania, venerdì 18 settembre 2015. Le fotografie sono dell'agenzia Reuters.
In questa foto d'archivio, alcuni rifugiati ospitati in una chiesa di Vienna nel gennaio 2013. In alto: bambini scappati dal Medio Oriente in un campo profughi ad Amburgo, in germania, venerdì 18 settembre 2015. Le fotografie sono dell'agenzia Reuters.

Profughi: la Chiesa italiana vuol preparare in tempi brevi una risposta capillare ai problemi legati all'emergenza di queste settimane, rispondendo così all'appello del Papa in fedeltà al Vangelo e alle norme in vigore. La Segreteria generale della Cei, insieme all’Ufficio giuridico e all’economato ha incaricato la Fondazione Migrantes, la Caritas Italiana  e la Fondazione Missio di preparare una nota che servirà come piattaforma di discussione per il Consiglio episcopale permanente (30 settembre – 2 ottobre) per predisporre un progetto organico. Si tratterà, in ogni caso, di un’accoglienza di “secondo livello”. Insomma, nessuno andrà a prendere la persone che sbarcano dai barconi. Verrà ospitato chi ha ottenuto lo status di rifugiato, esce dai centri di accoglienza e non sa dove andare. Altrimenti, occorre che parrocchie, conventi e altre strutture intenzionate all’accoglienza sottoscrivano convenzioni con le Prefetture, rispettando le procedure e gli adempimenti, anche di ordine architettonico e di sicurezza abitativa previste dalle norme, per chi è in attesa dello status. Per l’ospitalità con permesso di soggiorno, invece, è sufficiente una dichiarazione alla Questura.

All’ospitalità presso le famiglie collaboreranno anche le Caritas diocesane. La base è il progetto sperimentato da un anno in 13 diocesi del nostro Paese che s'intitola “Rifugiato a casa mia”, che ha coinvolto finora una trentina di famiglie e che potrebbe essere ampliato ad alcune centinaia di nuclei familiari. Caritas vigilerà sulla qualità dell’ospitalità, e metterà a disposizione di chi apre la propria casa esperti e tutor. La stessa cosa vale per le parrocchie, nelle quali le famiglie rifugiate e i parroci avranno comunque una famiglia o più di riferimento. Non si tratta di trovare soltanto un tetto provvisorio, ma di organizzazione, qualità e integrazione autentica e profonda nel tessuto sociale italiano.

 

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