Sull’accoglienza dei profughi si fanno sentire i vescovi dei Paesi scandinavi e ricordano a tutte le comunità il dovere cristiano dell’accoglienza. «Noi, vescovi dei Paesi nordici, vogliamo ricordare a tutti i nostri fedeli che abbiamo l’obbligo di vivere in modo consapevole i valori cristiani dell’amore al prossimo e della misericordia e di opporci a ogni forma di razzismo, xenofobia e discriminazione» si legge nella “Lettera pastorale sulla situazione attuale dei rifugiati” che la Conferenza episcopale dei Paesi scandinavi ha pubblicato all’indomani della sua plenaria. Verrà letta in tutte le chiese di Danimarca, che ha chiuso le frontiere, Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda domenica prossima 13 settembre. Riferendosi alle persone che «dall’estero affluiscono nei nostri Paesi alla ricerca di sicurezza, pace e un luogo in cui poter vivere», come riferisce l'agenzia Sir, i vescovi testimoniano da un lato “la grande disponibilità ad aiutare nei popoli dei nostri Paesi” non solo materialmente, ma con ogni forma di aiuti all’integrazione. Per altro verso “constatano che le tendenze razziste e xenofobe si sono rafforzate nelle nostre società, in particolare nei social media”.
Mentre “molti nostri politici cercano le possibilità per aiutare queste persone e ripartire equamente i rifugiati, in modo che tutti i Paesi diano il loro contributo“, per i vescovi in questa situazione è opportuno “dare una forte testimonianza di fede”: ciò significa che per “noi cristiani” il compito è di “impegnarsi per la tolleranza e il rispetto, i diritti dell’uomo e l’amore al prossimo, aldilà dei confini di religione, lingua e razza”.
Segnali contraddittori, tra accoglienza e chiusure, vengono dalla Chiesa cattolica ungherese dopo l'appello di papa Francesco per accogliere nelle parrocchie famiglie di profughi. La Conferenza episcopale ungherese, a firma del cardinale Peter Erdo e del presidente Andras Veres, in un comunicato ha ringraziato il Papa per «l'indicazione della direzione giusta» ma non tutte le parrocchie e i vescovi si adeguano alla direttiva. Mentre l'abbazia di Pannonhalma (la più vecchia del Paese), per prima, ha accolto migranti in gran numero, la maggior parte delle parrocchie di campagna si rifiutano.
«Accogliamo solo i registrati che vogliono restare in Ungheria, e sono pochissimi, e non abbiamo nemmeno i mezzi necessari», ha detto un parroco di Szeged, la cittadina di frontiera con la Serbia dove nei giorni scorsi sono transitati molti migranti. Altri sacerdoti parlano ai fedeli di “pericolo di musulmani”, riferiscono i media. «L'Abbazia è aperta a qualsiasi ora, fate sapere che a chi bussa noi daremo aiuto», ha detto padre Imre Gerecz, monaco benedettino dell'Abbazia medievale di Pannonhalma, ai microfoni del telegiornale di Tv2000. Come sottolinea un comunicato dell'emittente, il prelato «sfida la legge e le forti resistenze del governo di Budapest guidato dal premier Orban dando ospitalità e accoglienza ai profughi». L'Abbazia, viene ricordato, è uno dei più antichi monumenti storici ungheresi e la sede della Congregazione d'Ungheria.