L’ipertrofia prostatica benigna, comunemente conosciuta come prostata ingrossata, colpisce fino all’80 per cento degli uomini tra i 50 e i 70 anni. È causa di forti disagi e può ridurre sensibilmente la qualità di vita di chi ne è affetto. Il suo dilatarsi è dovuto al progressivo aumento delle singole cellule che la compongono, ma le cause principali nel caso di ingrossamento benigno non sono ancora oggi del tutto note; alcuni ricercatori ritengono che tale crescita sia strettamente connessa con l’invecchiamento.
Ma quando bisogna operarsi? Oggi, esiste una nuova tecnica mini-invasiva e risolutiva, senza bisturi. Il dottor Stefano Pieri, medico di radiologia interventistica all’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma, ospite della trasmissione Il mio medico su Tv2000, ci spiega in che cosa consiste.
Si sente molto parlare di prostata ingrossata, ma che cos’è l’ipertrofia prostatica?
«È l’ingrandimento della porzione intermedia della prostata, quella a contatto con l’uretra. In questo modo si determina un restringimento da compressione dell’uretra, con l’insorgenza dei sintomi classici: sensazione di pienezza e necessità a svuotare la vescica, getto urinario debole, convinzione di essersi svuotato, ma necessità di andare di nuovo al bagno dopo pochi minuti; oppure ricerca affannosa di un bagno ogni 2-3 ore, fino ai casi più avanzati di dover ricorrere alla presenza costante di un catetere vescicale».
Ma quando diventa necessario sottoporsi all’intervento chirurgico?
«Quando è alterata la qualità della vita, quando i sintomi non passano e non si risolvono, nonostante una terapia medica, allora bisogna pensare a un salto qualitativo nelle forme di assistenza. Per l’urologo la scelta è solo la chirurgia. Per il radiologo interventista, la possibilità è un’altra, meno invasiva».
Una nuova tecnica meno invasiva e con meno effetti collaterali per trattare l’ipertrofia prostatica. Di che cosa si tratta in concreto?
«Si tratta dell’embolizzazione delle arterie prostatiche, cioè la possibilità di arrivare a quei rami arteriosi che portano sangue al lobo intermedio della prostata, che ne hanno consentito l’ingrandimento. Grazie a piccolissimi tubicini è possibile arrivare nelle più periferiche diramazioni arteriose e iniettare delle particelle, grandi come granelli di sabbia. Queste particelle sferiche determinano il blocco del rifornimento arterioso e quindi una ischemia e una morte delle cellule del lobo medio della prostata. Nell’arco di 12 mesi, il corpo umano provvederà a eliminare questa porzione necrotica; la prostata si sarà ridotta di dimensione, non comprimerà più l’uretra e i sintomi non saranno più evidenti e presenti come prima dell’intervento».
Quanto dura l’intervento? È in anestesia locale?
«Uno dei vantaggi dell’intervento radiologico è che avviene senza tagli chirurgici, per cui non ci sono le complicazioni dell’atto operatorio classico. Il secondo vantaggio è che non si effettua in anestesia generale, ma solo locale, a livello dell’ingresso nell’arteria, utilizzata come porta d’ingresso per effettuare tutto l’intervento. Per la durata, questa è in relazione all’anatomia vascolare del paziente: mediamente può richiedere 6090 minuti».
Quali sono i vantaggi di questa nuova tecnica?
«Sicuramente la possibilità di ritornare alla vita attiva nell’arco di 23 giorni. Di vedere risolti i sintomi, che tanto avevano fatto “disperare” nei mesi precedenti. Oltre a un risparmio economico per la collettività, visto che il suo costo è nettamente inferiore rispetto all’intervento chirurgico, inteso sia nell’atto tecnico (non si usa la camera operatoria, non c’è l’anestesia generale), sia nella fase di ospedalizzazione».
Questo intervento è indicato per tutti i pazienti con ipertrofia della prostata da operare?
«Certamente sono da privilegiare i casi più gravi, quelli con prostate superiori agli 80 grammi, quelli con catetere a permanenza, quelli che non potranno essere sottoposti a intervento chirurgico per presenza di altre patologie. Recentemente, cominciano ad affacciarsi a questa tecnica anche persone che espressamente non desiderano essere sottoposti all’intervento chirurgico».
Dove è possibile sottoporsi a questo nuovo trattamento grazie alla radiologia interventistica?
«Certamente in tutti i grossi centri di Radiologia interventista in cui ci sia esperienza in questo nuovissimo settore. Per qualunque contatto informativo i pazienti si possono rivolgere al sito
www.interventix.org.