Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
lunedì 24 marzo 2025
 
 

Primo: proteggiamo la Protezione

11/02/2012  Oberata di "finte" emergenze e impossibilitata a impiegare i militari come un tempo. La Protezione civile dev'essere riportata alla sue finalità originarie e messa in grado di operare.

Le polemiche di questi giorni per “l’emergenza neve” mi lasciano disorientato ed esterrefatto. Non le commento, non ne vale neppure la pena, ma vedere l'Italia in ginocchio per una nevicata abbondante manifesta una generale disorganizzazione non degna di un Paese europeo.


      Il problema del giorno sembra sia la Protezione Civile. E qui è necessario fare una puntualizzazione su un aspetto che forse a molti sfugge: parliamo del “Servizio Nazionale di Protezione Civile” o del “Dipartimento della Protezione Civile”? Non è una sottigliezza. Si legge sul sito istituzionale della Protezione civile che a norma di legge  “La protezione civile in Italia è organizzata in un “Servizio Nazionale”, un sistema complesso che comprende tutte le strutture e le attività messe in campo dallo Stato…” e le strutture sono tante, tutte le Amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, gli organismi scientifici, ed ancora i Vigili del Fuoco, le Forze Armate, la Croce Rossa, i volontari ed anche noi cittadini. E chi coordina tutti questi? 

     Leggo ancora ”Il Dipartimento della Protezione Civile, incardinato nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, indirizza le attività delle componenti e delle strutture operative del Servizio Nazionale di protezione civile, e in caso di dichiarazione dello stato di emergenza, le coordina, in accordo con i Governi regionali”. Bene, vedo che è stato sviluppato nel tempo un modello nato ai tempi del terremoto del Friuli e poi dell’Irpinia quando il Governo di allora, per coordinare i soccorsi, nominò quale Commissario straordinario Giuseppe Zamberletti, che riuscì a riorganizzare i soccorsi prioritariamente dialogando con i sindaci e soprattutto utilizzando i militari.



Ricordo che all’epoca ero responsabile del secondo reparto dell’Esercito ed anch’io inviai i  militari per i terremotati del Friuli e dell’Irpinia. La mia esperienza con Zamberletti continuò anche dopo, quando lui divenne Ministro del coordinamento della Protezione Civile e io, in qualità di Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa, presiedevo per le emergenze il cosiddetto gruppo di intervento, cui partecipavano tutti i Direttori generali dei Ministeri competenti e gli Enti che si riteneva necessario coinvolgere. Era il gruppo di intervento che assegnava i rinforzi, mezzi ed uomini, ai vari Commissari Straordinari nominati per l’emergenza, ai Prefetti, ai Sindaci, utilizzando per lo più mezzi e personale dei Ministeri stessi.


     Il sistema, che mantiene i connotati della sua originaria ideazione, oggi dovrebbe essere migliore e più efficiente rispetto ad allora, anche per gli strumenti  di monitoraggio più avanzati di cui si dispone, e tuttavia rilevo non poche discrasie. Il Prefetto Gabrielli ha ereditato una situazione per la quale organizzazione e compiti devono essere chiariti e rivisti, mi sembra che il suo Dipartimento disponga di un numero considerevole di dipendenti, che però in pratica sono oberati di lavori non di loro stretta competenza. 

     La Protezione Civile si occupa delle emergenze, anche come previsione e prevenzione. E qui dobbiamo intenderci sul concetto di emergenza. Ma che c’entrano, ad esempio, i cosiddetti “grandi eventi”, e tutte le opere strutturali da realizzare a corredo, con le emergenze? Ma perché viene definita “emergenza” quella dei rifiuti in Campania? L’emergenza vera in quel caso è l’assoluta incapacità degli enti locali di gestire un ciclo completo e corretto dei rifiuti, e che c’entra Protezione Civile? Mi sembra in verità che pian piano la Protezione Civile sia diventata il “tappabuchi” di tutte le inefficienze nazionali  e che il ruolo del “servizio nazionale” di protezione civile si sia sempre più confuso con quello del Dipartimento della Protezione civile. 

    

Il Dipartimento deve coordinare le varie componenti del servizio nazionale non sostituirsi ad esse; e così ad esempio deve raccogliere, e se del caso chiedere, studi specifici ai nostri Enti di Ricerca, non farli esso stesso; deve avere una mappatura nazionale di tutte le situazioni di dissesto idrogeologico o del pericolo di alluvioni ma al fine di elaborare scenari di rischio e coordinare gli interventi in caso di calamità, non per sostituirsi ai provveditorati, o alle Regioni, Province e Comuni nella realizzazione delle opere strutturali.


     E all’atto del verificarsi dell’emergenza acuta? Il Dipartimento deve coordinare le strutture operative nazionali. A parte i Vigili del fuoco, la Forestale ecc. un tempo l’ossatura portante era costituita dall’Esercito, ma ora di militari dell’Esercito ne sono disponibili ben pochi. Tra quelli impiegati all’estero, (che sono tanti e dovrebbero diminuire), altri in licenza dopo l’impiego all’estero, altri utilizzati in Organi Centrali e Comandi, (che dovrebbero decisamente fare una grossa cura dimagrante ed essere proporzionati ai militari che gestiscono), altri ancora impiegati nel presidio delle caserme, (che in gran parte dovrebbero essere dismesse), ne rimangono assai pochi, giusto qualche migliaio con pochi mezzi del Genio a disposizione. 

     La Protezione Civile quindi non può pensare ad un impiego massiccio dell’Esercito ed oggi, con una partecipazione che fa loro onore, ci sono i volontari, oltre 800.000 persone mi risulta. Sono un grosso potenziale e mi sembra che siano organizzati per specializzazioni ed effettuino esercitazioni, anche se non so con quale cadenza; io per i gruppi locali prevedrei esercitazioni a cadenza mensile.    

     Quale è la catena di responsabilità nel corso di un’emergenza acuta? Il primo elemento, quello di base e quindi il più determinante, è indubbiamente il Sindaco, subito dopo il Prefetto, e poi la Regione e il Ministero Interno con il coordinamento della Protezione Civile. Stando così le cose la Protezione Civile non può che essere inglobata nel ministero dell’ Interno, come peraltro era una volta. Ciascuno di questi anelli di responsabilità deve avere una propria pianificazione per le emergenze. 

     I primi e più immediati soccorsi sono a livello comunale. Il Sindaco deve perciò aver predisposto piani per ogni possibile emergenza sul proprio territorio; deve prioritariamente conoscere, e quindi poter disporre, di mezzi opportunamente collocati  in depositi e ciclicamente manutenzionati per assicurarne l’efficienza; in caso di carenza o insufficienza,  deve poter “precettare” mezzi di altre amministrazioni pubbliche o di privati con relativo personale (nei piccoli paese in questi giorni è stata spalata la neve con i trattori dei contadini), e infine deve poter mobilitare i volontari presenti nel proprio territorio. 

    

 Analoghi piani di emergenza, ciascuno per quanto di competenza, devono esistere a livello Prefetto, Provincia, Regione, Ministero Interni - Protezione Civile. Al momento dell’emergenza, per supportare i Comuni se necessario, dovrebbero essere inviati ulteriori mezzi e personale, agendo prima a livello Prefetto ,e se non sufficiente, a livello Regione e poi Ministero Interno – Protezione Civile. Quest’ultima poi, che presiede al coordinamento nazionale, dovrebbe essere in grado di stabilire, in caso di emergenza estesa e su proposta dei Prefetti interessati, dove effettuare le eventuali evacuazioni, dove impiantare le tende per gli sfollati e quali ulteriori strutture nazionali mobilitare.


     Le leggi attuali, in linea di principio, forniscono le predette indicazioni; così la norma  che istituisce il Servizio Nazionale della Protezione Civile (225 del 24 Febbraio 1992) come anche la successiva Legge (n. 401 del 9 novembre 2001) che  dà istruzioni sul coordinamento operativo per le attività di protezione civile, tuttavia qualcosa, nella concreta applicazione di queste norme, evidentemente non sempre funziona. Forse gli Enti componenti il “servizio di protezione civile” dovrebbero rileggerle con attenzione e farsi un esame di coscienza in merito alla corretta ottemperanza dei propri compiti. 

     Penso poi che il Dipartimento della Protezione Civile debba essere sgravato di tutte le “finte emergenze”, di cui si fa impropriamente carico, e debba riacquisire il proprio ruolo di coordinatore nazionale delle emergenze “vere”. A fronte di una “scrematura” di funzioni improprie un’ incombenza in più  la darei a Protezione Civile: quella di controllare e, nel rispetto delle peculiarità territoriali, uniformare i vari piani di emergenza. I Prefetti dovrebbero essere responsabili del controllo delle pianificazioni dei Comuni, la Protezione Civile dovrebbe verificare l’esistenza e la bontà delle pianificazioni a livello Provinciale predisposte dai Prefetti nonché quelle Regionali.   

     In ultimo, a proposito delle previsioni meteo, mi sembra che il Dipartimento di Protezione Civile, a livello centrale, emetta un bollettino valido per l’intero territorio nazionale, ma poi non dovrebbero subentrare anche i cosiddetti “ centri funzionali” a livello regionale (per la creazione dei quale sono stati spesi un bel po’ di soldi), che dovrebbe fornire, per ciascun’area di propria competenza, dati e previsioni di maggiore dettaglio?    

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
I vostri commenti
1

Stai visualizzando  dei 1 commenti

    Vedi altri 20 commenti
    Policy sulla pubblicazione dei commenti
    I commenti del sito di Famiglia Cristiana sono premoderati. E non saranno pubblicati qualora:

    • - contengano contenuti ingiuriosi, calunniosi, pornografici verso le persone di cui si parla
    • - siano discriminatori o incitino alla violenza in termini razziali, di genere, di religione, di disabilità
    • - contengano offese all’autore di un articolo o alla testata in generale
    • - la firma sia palesemente una appropriazione di identità altrui (personaggi famosi o di Chiesa)
    • - quando sia offensivo o irrispettoso di un altro lettore o di un suo commento

    Ogni commento lascia la responsabilità individuale in capo a chi lo ha esteso. L’editore si riserva il diritto di cancellare i messaggi che, anche in seguito a una prima pubblicazione, appaiano  - a suo insindacabile giudizio - inaccettabili per la linea editoriale del sito o lesivi della dignità delle persone.
     
     
    Pubblicità
    Edicola San Paolo