Mia figlia di 17 anni soffre di psoriasi e sono molto preoccupata perché ne fa una
tragedia: non vuole mettersi magliette che facciano vedere i gomiti segnati, frequentare
una palestra o andare al mare. Si sta complessando in modo terribile.
Come posso aiutarla?
MARIA ROSARIA Z. (VITERBO)
Risponde Professoressa Alessandra Graziottin
direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia medica San Raffaele Resnati
(www.alessandragraziottin.it)
Sua figlia è in un’età molto delicata,
quando l’aspetto fisico ha
la massima importanza nella
costruzione dell’immagine di
sé, nella crescita dell’autostima e della fiducia nel meritare di essere amati.
L’immagine
che vediamo riflessa nello
specchio, e in particolare l’aspetto
dell’epidermide, dei
peli, delle unghie, le sensazioni
tattili che abbiamo nello
sfi orare la pelle, quando è
liscia o quando è alterata da
una malattia cutanea, cambiano
profondamente la nostra
rappresentazione interna. Possono far
variare l’umore dalla gioia alla tristezza,
farci desiderare una carezza, un abbraccio
o temere di essere respinti, proprio a
causa di quel segno visibile, che magari
è piccolo ma può sembrare grande e terribile
a chi ne è colpito, soprattutto se è
adolescente.
Il nostro vestito di pelle, come mi piace
chiamarlo, è il nostro biglietto da visita,
la nostra carta di identità sociale, il
grande regista delle distanze interpersonali.
Può ridurle, quando è attraente,
aumentarle fino all’evitamento quando
è macchiato da lesioni cutanee, quando
è strappato per lesioni da grattamento,
quando è segnato da cicatrici evidenti.
Il nostro vestito di pelle rivela
la nostra età, le tracce dei nostri
stili di vita che contribuiscono a
una pelle luminosa, quando sono
sani e stiamo bene, o a una
pelle soff erente, quando sono
errati. La pelle rivela benissimo
il nostro stato di salute, fi sico
ed emotivo. «Nulla è più profondo di ciò
che appare in superficie», diceva il fi losofo
Georg W.F. Hegel. E questo è verissimo
anche per la pelle e le sue malattie.
Le ragioni del corpo
Malattie croniche della pelle, come la
psoriasi o la vitiligo, sono solo la punta
dell’iceberg di problemi profondi di tipo
autoimmune. Sono la spia di vulnerabilità genetiche e di alterazioni del sistema
di difesa che possono preludere a
serie malattie associate (“comorbilità”).
La psoriasi colpisce il 3 per cento della
popolazione, con punte dell’11 per cento
in alcuni studi. Nel 50-80 per cento dei
casi comporta alterazioni associate delle
unghie.
Nel 30 per cento dei casi, la psoriasi
si associa ad artrite psoriasica, con
dolori articolari e limitazioni funzionali.
Le malattie autoimmuni compaiono
quando il nostro sistema di difesa (“immunitario”)
sbaglia bersaglio e scatena
un fuoco amico, perché attacca i nostri
stessi tessuti, causando infi ammazione,
lesioni anche cutanee e danni tessutali
profondi. La malattia autoimmune non
è infettiva. Eppure le malattie della pelle
portano con sé pregiudizi millenari
sulla possibile contagiosità delle lesioni,
proprio perché alcune lesioni della pelle
possono essere dovute a germi infettivi
trasmissibili.
Le acque profonde dei nostri comportamenti,
radicati nell’inconscio personale
e collettivo, cambiano molto lentamente.
Ancor oggi le malattie della pelle
possono diventare di conseguenza un
fattore di allontanamento, di distanza, di
separazione dagli altri. La psoriasi, per
esempio, ha cause genetiche e autoimmuni
e non è assolutamente contagiosa.
Recenti dati francesi inquietanti, che replicano
il risultato di uno studio tedesco
degli anni Novanta, confermano tuttavia
questa avversione al contatto fisico verso
chi abbia una malattia cutanea. La tendenza di sua fi glia a nascondere
i segni di questa malattia va compresa.
È importante non banalizzare il
suo pudore ed è importante non forzarla. Atteggiamenti aggressivi o derisori da
parte dei compagni potrebbe ferirla profondamente
e confermare le sue paure.
È essenziale invece curarla bene così da
ridurre il più possibile i segni di questa
malattia che ha così importanti risonanze
psicologiche, oltre che fi siche.
La discriminazione verso chi soff re di
malattie cutanee purtroppo è universale.
Ed è fortissima anche in Italia. Non
bastasse, studi sugli adolescenti indicano
come le malattie della pelle visibili
possano essere motivo di bullismo.
Le ragioni del cuore
Gli essere umani tendono a trattare le
persone diverse, per qualsiasi ragione,
con dinamiche di tipo discriminatorio.
Un bisogno arcaico di creare conformità
e omogeneità all’interno di un gruppo
sociale, per aumentarne la coesione
e la compattezza, crea anticorpi potenti
contro la diversità: sia essa di casta, di
reddito, di salute, di orientamento sessuale
o di pelle, dal colore alle malattie.
Un atteggiamento ancora più forte negli
adolescenti, che hanno bisogno di fare
gruppo. Spesso, purtroppo, potenziando
l’appartenenza con atteggiamenti violenti,
di franco bullismo contro i coetanei
per qualche motivo diversi. I giovani
con malattie della pelle possono essere
vittime di commenti negativi, di insulti,
di antagonismo, di allontanamento e di
isolamento. Solitudine, depressione, ritardo
o perdita di quell’alfabeto emozionale
e amoroso che sboccia e viene coltivato
nell’adolescenza creano un’ombra
lunga che può colpire tutto lo sviluppo
successivo dell’adolescente.
Dal punto di vista pratico, la prima
cosa è non banalizzare, anche in famiglia,
dicendo il famigerato “passerà”.
Quand’anche passasse (vero per l’acne,
non per psoriasi e vitiligo, ancor più se
lasciate senza cure e aiuti, anche cosmetici),
il danno emotivo e psicologico potrà
lasciare cicatrici indelebili. Bisogna
trattare le lesioni in modo efficace, rivolgendosi
a centri dermatologici qualificati.
Su APPelle, scaricabile dal sito www.appelle.it, è possibile individuare il centro
pubblico più vicino alla propria residenza.
Il sito contiene anche un diario
personale per monitorare il decorso della
malattia, le sue caratteristiche, la variazioni
per stress ma anche i progressi con
le giuste cure. Prezioso è il contatto con
altri giovani che ne soffrono per condividere
soluzioni efficaci e uscire dalla solitudine.
Poter condividere pensieri, problemi,
paure, ma anche soluzioni efficaci
con chi sta vivendo il nostro stesso problema
è essenziale per non sentirsi soli,
per parlare con chi sta vivendo esattamente
le nostre stesse ansie. Già il poter
condividere il terremoto di emozioni che
una malattia cutanea comporta può costituire
il primo passo per vedere il problema
con occhi nuovi, come affrontabile
e risolvibile.
Dal punto di vista terapeutico, i farmaci
biologici sono promettenti. Si tratta di
anticorpi che vanno a bloccare molecole
specifiche della malattia. La riduzione netta delle lesioni visibili è il primo fattore
concreto di speranza e di facilitazione
dei rapporti interpersonali ancor più
importante in una donna giovane come
sua figlia. Lo sport resta un aiuto essenziale
per ridurre lo stress e mantenere
una buona immagine corporea: tra l’altro,
abbassa l’infiammazione associata
alla autoimmunità e alle lesioni cutanee,
aumenta dopamina a serotonina, migliorando
l’umore.
Aiuta l’utilizzo periferico
dell’insulina, contribuendo a un migliore
metabolismo e a mantenere un peso corporeo
ottimale.
Un aiuto psicologico qualificato può aiutare.
Dovremmo poi tutti impegnarci per
superare pregiudizi millenari. Un atteggiamento
sereno, affettuoso, affabile, aperto
al contatto, con il rispetto, il garbo e la gentilezza
appropriati alla specifica situazione,
sono il modo migliore per sciogliere paure
e angosce. Un comportamento sereno
tranquillizza più di cento parole.