Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
domenica 15 settembre 2024
 
 
Benessere

Pupo: «Come ho vinto il mio nemico più pericoloso»

08/03/2015  Dopo essere uscito dall’ossessione per il tavolo verde, il popolare cantante continua a essere vigile, per non ricadere in una passione che lo aveva gettato sul lastrico.

«Il gioco è un dramma. Da anni ormai ne sono uscito, sono riuscito a farlo diventare solo una passione e a controllarlo, ma devo essere vigile tutti i giorni, perché perdere il controllo è possibile in qualsiasi momento. La passione per il gioco è dentro di me, è nel mio Dna, è come se fosse nata con me. Se penso al gioco, tuttora mi si scatena l’adrenalina. Anche se riesco a controllarmi, sto ancora soffrendo». Ha toni a tratti drammatici la testimonianza di Enzo Ghinazzi, in arte Pupo. Uomo da palcoscenico, toscano Doc, la sua esperienza è quella di un uomo che a 59 anni ha vissuto due volte: la prima come cantante di successo e giocatore accanito, la seconda come conduttore, attore e scrittore, ma soprattutto come un uomo libero dalla sua dipendenza. Il suo successo è arrivato con le radio private, con il passaggio in onda del 45 giri Come sei bella, seguito nel 1976 dalla pubblicazione dell’album omonimo. Da allora è un susseguirsi di hit e con la gloria arrivano anche i milioni, come racconta lui stesso: «Compravo Mercedes in contanti, ero arrogante, adoravo gli adulatori».

Poi arriva il tempo della crisi, umana e professionale, negli anni ’90: da un milione di dischi l’anno era piombato a 15 mila. «Ero in un delirio di onnipotenza che mi ha portato nel baratro. Andavo al casinò tutte le sere, bruciavo il fido concesso ai giocatori abituali in pochi minuti; poi arrivavano gli strozzini, quelli che ti chiedono il dieci per cento di interesse al giorno. Una sera, tornando da Venezia, fermo su un viadotto dell’autostrada, ho pensato di buttarmi giù. Ho dovuto vendere tutto quello che avevo comprato: un albergo, una fattoria di venti ettari, una società orafa, le case. Quella sera ho capito che il gioco d’azzardo è il mio nemico più pericoloso. Nella vita, saper riconoscere l’avversario contro cui si deve combattere è già un bel passo avanti».

Oggi Pupo non si sottrae all’impegno di testimonial contro il gioco d’azzardo patologico: accetta inviti dove offre il racconto di quello che ha passato e pubblica libri. Nella speranza di evitare che qualcuno si trovi sull’orlo di un precipizio. «Una cosa posso garantire alle persone che giocano: il loro destino è la disfatta. Ecco, questo è quello che vorrei avessero tutti in mente quando si siedono al tavolo verde».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo