Il massacro di Las Vegas (59 morti e oltre 500 feriti) non sarà purtroppo l’ultimo a insanguinare gli Stati Uniti. È infatti difficile aspettarsi nuove leggi restrittive sull’acquisto e l’utilizzo delle armi da fuoco. Almeno finché ci sarà Donald Trump alla Casa Bianca con un Congresso in mano ai Repubblicani.
A ogni massacro il rituale è lo stesso. L’orrore, il lutto, le lacrime, le preghiere, le veglie con le candele e gli orsacchiotti di pezza. Ma poi le leggi non cambiano o non cambiano mai abbastanza. La potente lobby delle armi fa prevalere le sue ragioni e in qualche parti degli Stati uniti ci sarà un altro Stephen Paddock che sta accumulando il suo arsenale. Intanto, proprio a Las Vegas, è già fissato l'appuntamento con l'edizione 2018 di Shot Sow, la grande fiera annuale delle armi da fuoco.
I fautori dell’America a mano armata si appellano al secondo emendamento della Costituzione: “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, non si potrà violare il diritto dei cittadini di possedere e portare armi”. Si tratta di un emendamento fra i più discussi della Costituzione americana. Ha provocato dibattiti infiniti e prodotto migliaia di pagine di sentenze. Di fatto, la maggioranza degli americani possessori di armi ritiene che possedere un’arma sia un essenziale diritto di libertà.
Nasce da qui la difficoltà nell’imporre limitazioni al possesso di pistole e fucili. Una grande spinta per il controllo delle armi ci fu nel dicembre del 2012, subito dopo la strage di bambini (20 morti, più 7 adulti) nella scuola elementare di Sandy Hook. Il Congresso fu vicino all’approvazione di nome restrittive, ma la potente lobby delle armi, la National Rifle Association (NRA), diffuse la “fake news” che la legge avrebbe imposto un registro nazionale delle armi da fuoco, una forma di controllo ritenuta inaccettabile. Le pressioni della NRA frenarono molti deputati e la legge non passò, mandando su tutte le furie l’allora presidente Obama.
La NRA conta su un gruppo agguerrito di lobbysti a tempo pieno e vanta 5 milioni di iscritti. È una lobby visibile e ingombrante, politicamente molto attiva. Per la campagna elettorale di Trump la NRA ha versato almeno 30 milioni di dollari e il presidente ha mostrato più volte la sua riconoscenza. “Avete un amico alla Casa Bianca”, ha detto Trump lo scorso aprile rivolto ai militanti dell’associazione.
Difficile, perciò, attendersi nuove leggi restrittive. Fra l’altro, qualunque eventuale legge che limitasse il possesso delle armi deve scontrasi con una realtà. Negli Stati Uniti sono già in mano ai civili 270 milioni di armi da fuoco. La maggior parte di queste armi sono pistole, seguite da fucili e da altre armi, molte delle quali sono da assalto, automatiche o semi automatiche. Un dato sorprendente è il costo relativamente basso delle armi. Un fucile da assalto come quello usato da Stephen Paddock a Las Vegas si può acquistare per 1.500 dollari (l’equivalente di un costo di un buon computer). Per mettersi in tasca una pistola bastano 200 dollari.
Secondo il Gun Violence Archive, nel 2016 le armi da fuoco hanno provocato negli Stati Uniti oltre 15.000 morti (fra questi, 22.000 suicidi) e 30.615 feriti. Invece l’anno scorso i casi di “mass shooting” (sparatorie in cui ci sono almeno 4 feriti, ma altre statistiche tengono conto solo dei morti) superano i 380. Gli omicidi di massa compiuti negli Stati Uniti dal 1982 in poi sono stati quasi un centinaio. Quello di Las Vegas è il più sanguinoso, seguono quello del 2016 a Orlando (49 morti), del 2007 al Virginia Tech (32 morti), del 2012 a Sandy Hook (27 morti), del 1991 a Killeen (23 morti).
Foto in alto: vendita di armi, un cartellone a Las Vegas due giorni dopo la strage: "Spara a soli 29 dollari" (Reuters)