Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 19 marzo 2025
 
 

Quando Arisa tace, torna Rosalba

14/05/2014  La vittoria a Sanremo non l'ha cambiata. «Con il successo si rischia di chiudersi in un castello dorato. Io, invece, voglio restare quella di sempre»

Arisa a 9 anni
Arisa a 9 anni

«Mi piace tanto viaggiare in treno: che bello guardare fuori e pensare un po’ a sé stessi... ». Stop. La linea telefonica cade. Accadrà almeno un’altra decina di volte. Arisa sta viaggiando da Roma verso Milano, percorrendo il tratto appenninico. Tra un’interruzione e l’altra, si scusa e aggiunge: «Ce la faremo». Sono passati tre mesi dalla sua vittoria a Sanremo con la canzone Controvento. Tre mesi frenetici, passati a promuovere l’album Se vedo te e a preparare il tour estivo che il 18 maggio la vedrà esibirsi a Napoli. «Tutto il clamore seguito alla vittoria al Festival di Sanremo mi ha resa ancora più cosciente della necessità di proteggermi. Quando Arisa finisce di cantare deve tornare a essere Rosalba: con il successo si corre il rischio di isolarsi, di rinchiudersi in un castello dorato che se ne sta tranquillo e lontano fuori dalla realtà vera. Io, invece, voglio restare quella di sempre, una che vive in mezzo alla gente».

Ti senti ancora un po’ bambina?
«Moltissimo. Mi è rimasta dentro la voglia di cambiare il mondo. Da piccola il personaggio dei cartoni animati che preferivo era Anna dai capelli rossi: mi piacevano il suo idealismo, la sua fantasia, il suo non arrendersi mai».

Da adulta, invece, è vero che il tuo mito è Woody Allen?

«Sì. Mi affascina il realismo delle sue storie, il mettere in scena senza fare sconti a niente e nessuno vizi e virtù dei suoi personaggi».

Condividi anche il suo pessimismo di fondo?

«Non parlerei di pessimismo, ma di un realismo in cui mi ritrovo molto perché è accompagnato dall’ironia. Non mi racconto delle favole, accetto quello che mi capita perché penso che le nostre vite siano così, in certo modo miserabilmente divertenti».

Hai presentato il tuo nuovo singolo, Quante parole che non dici, affermando che parla del senso di colpa che tutte le donne provano nei confronti del padre. Il tuo ti ha ostacolato nel desiderio di fare la cantante?
«No, anzi. Sono cresciuta a Pignola, un piccolo paese in provincia di Potenza, e il fatto che da grande avrei voluto cantare sembrava ai miei genitori, ma un po’ anche a me, un sogno irraggiungibile. Per questo mio padre mi ripeteva che dovevo cercarmi un lavoro “ve- nemmeno rendersene conto, mi faceva capire che dovevo andare avanti. E per me il suo sostegno è stato davvero importantissimo».

Tuo padre lavora ancora come autista di autobus?

«Sì. Quando ero piccola mi portava sempre con sé quando andava a lavorare. Mi mettevo nel primo sedile perché così avevo l’impressione che tutto quanto vedevo fuori mi arrivasse incontro. Così apprezzavo al meglio la bellezza della mia terra, la Basilicata, che è raffinata e selvaggia allo stesso tempo».

Quest’estate, invece, canterai sulle Dolomiti, nell’altopiano della Predaia. Cosa ti aspetti?
«Fosse per me, farei un intero tour solo in luoghi così, isolati in mezzo alla natura, in acustico».
Ma se ami così tanto questa dimensione, perché hai scelto una città come Milano per vivere?
«Era la città in cui sognavo di vivere da bambina. Ricordo che la prima volta che arrivai in treno alla stazione Centrale dal mio paesino così piccolo e lontano rimasi colpita da un’enorme insegna luminosa, dalla gente che saliva sulle scale mobili e da un ragazzo francese con una sigaretta che mi chiese se avevo da accendere. Allora pensai: ma questa città è davvero come si vede in televisione, moderna, multiculturale. Il ricordo di quei primi due giorni milanesi mi ha dato la spinta per realizzare tutto ciò che ho fatto dopo. Però, ripensandoci, forse in futuro tornerò in campagna. Ma per ora, non conoscendo ancora bene la città, preferisco stare vicino ai luoghi in cui lavoro. Per questo abito a due passi dalla sede della mia casa discografica».

Tua sorella Sabrina due anni fa ti ha reso zia. Ti piace questo ruolo?
«Sì, quando sto con Teresa mi stupisco molto per ogni suo anelito di vita. Quindi passo tanto tempo semplicemente a osservarla».

Una curiosità: abbiamo trovato una tua foto da bambina in cui canti. Ti ricordi in che occasione fu scattata?
«Sì, perché era il giorno del mio quinto compleanno, il 20 agosto. Cantavo Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte di Gianni Morandi a un concorso a Pignola. Fu mia zia Lucia a iscrivermi ». Arisa si interrompe di nuovo. Ma questa volta, per fortuna, non perché è caduta la linea: «L’arcobaleno, fuori c’è l’arcobaleno! Sembra di essere in un film: è bellissimo...».

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo