La scoperta di avere una persona
cara malata porta con sé, oltre al
dolore, la consapevolezza che la
vita di chi lo assisterà non sarà
più la stessa. Lo sanno bene le mogli,
i mariti, i fratelli, le sorelle e i figli
dei malati di Alzheimer che lentamente,
nel progredire della malattia, vedranno
il declino, la disabilità e la demenza
sempre più inesorabile della persona cara.
Ma anche un cambiamento della propria
quotidianità, che da quel momento
in poi dovrà adeguarsi ai ritmi del
malato. Silvia Vitali, geriatra presso
l’Istituto C. Golgi di Abbiategrasso, si
occupa di cure della demenza, aiutata
dalla psicologa Roberta Vaccaro. Insieme
sottolineano l’importanza di sostenere
anche i familiari del malato che si
trovano a provare frustrazione, paura
e tristezza.
- Quali sono le reazioni dei familiari
quando scoprono che un proprio caro
è affetto da Alzheimer?
«Per molti la reazione iniziale è la negazione
e la falsa speranza che la cura
possa risolvere i vari problemi. Per questo
è importante che avvenga una corretta
informazione da parte dei medici riguardo
a cosa sta succedendo. C’è poi chi
affronta la terribile diagnosi con un coinvolgimento
eccessivo, rifiutando aiuti
esterni e accentrando su di sé tutti i bisogni
del malato. In questo caso, poiché è
impossibile affrontare questa esperienza da soli, è meglio che alla persona
vengano comunicati i servizi che potranno
essere d’aiuto».
- Davanti a questa diagnosi si può
provare anche un sentimento negativo
come la rabbia?
«Certo. Capita quando ci si rende
conto che i deficit della persona malata
non sono facilmente compensabili e
quando si comincia a sentire il carico
emotivo e fisico che deriva dall’impegno
di cura. Per capire e affrontare questa
rabbia, che spesso ha all’origine anche
conflitti irrisolti, possono essere
utili i gruppi di mutuo aiuto o i gruppi
di supporto. È poi necessario anche consigliare
un’assistenza psicologica».
- Può insorgere, nella cura, anche il
senso di colpa?
«Il senso di colpa dipende dalla rabbia
irrisolta o dalla percezione di non
competenza nella cura. Lo si prova anche
quando il familiare decide di ricoverare
il proprio congiunto malato, non
riuscendo più ad accudirlo a casa. Colpa
e rabbia conducono più spesso il familiare
a uno stato depressivo e a condizioni
di abuso».
- È davvero difficile accettare questa
realtà...
«L’accettazione del problema presuppone
una buona comprensione della
malattia, del suo impatto sul malato
e sul contesto di vita. La famiglia può
essere aiutata ad accettare la malattia e
le sue conseguenze attraverso il supporto
emotivo, l’informazione e l’appoggio
dei servizi»
- Perché è importante sostenere i familiari?
«A livello internazionale si sta ormai
diffondendo la consapevolezza dell’importanza
di personalizzare l’intervento
di supporto a chi cura il malato. Sono ancora
aperte le questioni sulla mancanza
di uniformità degli interventi per quanto
riguarda la durata, l’intensità e i costi.
Tuttavia è ormai noto che la spesa sanitaria
necessaria per realizzare il supporto
dei caregiver è di gran lunga inferiore
al costo sociale e sanitario per la cura
delle conseguenze psicosociali e cliniche
dello stress delle famiglie. Per questo
la programmazione dei servizi per le
persone affette da demenza si sta sempre
più orientando in tal senso».