Tre anni fa, nella primavera del 2010, il maestro Riccardo Chailly incideva la Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach. In un’intervista a Famiglia Cristiana Chailly spiegava i motivi che l’avevano portato a quella scelta e il significato dell’opera del grande compositore tedesco. La riproponiamo oggi, anche alla luce del crescente successo nel corso degli anni nel nostro Paese di questo capolavoro del maestro tedesco.
«È il più grande capolavoro della storia della musica: racchiude tutti i linguaggi, dal barocco al neoromanticismo, dal Novecento al teatro che va oltre il senso religioso, fino alla dodecafonia». L’amore di Riccardo Chailly per la Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach risale alla sua giovinezza: «L’ho studiata per un ventennio con la convinzione che mai avrei osato avvicinarla. Nel 1999, per i cento anni dell’orchestra del Concertgebouw di Amsterdam il sogno è diventato realtà».
Nominato direttore del Gewandhaus di Lipsia, una delle più antiche orchestre del mondo nata nel cuore del verbo di Bach, Chailly ha inciso la Passione Bwv 244 per la Decca. «In Centro Europa è un’opera popolare, perché fonte dei corali sono melodie molto note, come questa. In Olanda, inoltre, vi è una partecipazione straordinaria all’esecuzione nel periodo quaresimale. Alcune chiese, infatti, propongono la formula del “cantare con”: anche il pubblico intona i corali nei quali è il popolo a commentare gli ultimi momenti della Passione».
In Italia, un tempo era un pezzo raro, oggi riempie chiese e auditori: «Il merito è solo di Bach», dice il maestro. «Ha scritto una musica talmente assoluta che chiunque ne rimane folgorato. Certo, da noi la lingua è un po’ un ostacolo. Sarebbe bello pensare un giorno alla Passione di Bach in italiano».
E questa sua incisione?
«I solisti sono splendidi. Ho voluto impostare una narrazione drammatica della Passione, per trasportare l’ascoltatore nel vortice degli eventi del testo sacro. E poi ci sono i due cori: il locale Thomanerchor e i bambini del Tölzer Knabenchor di Monaco».
Essere a Lipsia cosa rappresenta?
«Avvicinandomi ai 60 anni, un traguardo. Qui le avventure interpretative, supportate dagli amministratori pubblici, non sono solo legate a Bach: abbiamo eseguito e inciso le sinfonie di Beethoven e di Schumann nell’orchestrazione di Mahler. Un grandissimo successo».