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sabato 15 marzo 2025
 
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Quando Gianni Rodari difese Goldrake

04/04/2018  Goldrake uscì sugli schermi italiani il 4 aprile del 1978, la novità dei robottoni fece discutere gli adulti che ne temevano la violenza: nel dibattito entrò anche Gianni Rodari, fortunatissimo autore per ragazzi, ecco con quali argomenti.

E fu così che Gianni Rodari scese in campo a difendere Goldrake, titolo originale Atlas Ufo Robot, il primo robot approdato in Italia, il 4 aprile 1978, adorato dai piccoli, temutissimo dai grandi. In realtà era il terzo di una serie di sei che in Italia vennero proposti come distinti, in ordine diverso dall’originale. 

Il cartone animato era accusato di essere ripetitivo, statico, violento, fatto al computer (era uno dei pregiudizi infondati che colpirono gli anime, frutto di un certo timore per la passione tecnologica dei giapponesi). Goldrake finì persino in aula parlamentare, al centro di un’interpellanza. Tacciato di violenza guerrafondaia e di razzismo, un po’ anche per la superficialità dello sguardo che si posava su un disegno che veniva da molto lontano e riproponeva, nella finzione scenica di un robot umanizzato comandato da un uomo, lo spirito delle antiche lotte dei samurai. 

Lo schema era abbastanza fisso: un invasore attaccava la terra dall’esterno. A Goldrake e a chi stava ai suoi comandi toccava difenderla a prezzo del rischio personale. Il nemico era chiaro e aveva lui sì caratteristiche poco nobili, di violenza cieca.

Forse era schematico ma non cattivo, aveva armi avveniristiche e potenti che però non facevano paura a un profondo conoscitore di bambini qual era Gianni Rodari: «Invece di polemizzare con Goldrake», scriveva Rodari in un articolo del 1980 su Rinascita, «cerchiamo di far parlare i bambini di Goldrake, questa specie di Ercole moderno. Il vecchio Ercole era metà uomo e metà dio, questo in pratica è metà uomo e metà macchina spaziale, ma è lo stesso, ogni volta ha una grande impresa da affrontare, l'affronta e la supera. Cosa c'è di moralmente degenere rispetto ai miti di Ercole?». E ancora, in un’intervista:  «Prendiamo per esempio i nuovi cartoni animati della televisione - mi riferisco e Goldrake, agli Ufo Robot, ecc. - non bisogna credere che limitino o avviliscano la fantasia infantile: basta vedere i bambini che giocano nei cortili imitando questi personaggi, per capire che si sono impadroniti di quel materiale fantastico e lo adoperano per dire quello che vogliono, e può essere che sia esattamente il contrario di quello che voleva comunicare l'ideatore del cartone animato. Non subiscono Goldrake, lo adoperano.  Hanno semplicemente una materia prima in più per giocare. Quindi sono importanti anche questi». 

A chi provava a metterlo al muro in un’intervista del 1982 Go Nagai, l’autore di Goldrake, rispose così: «Forse che nel mondo degli adulti che si arrabbiano con Goldrake non c’è violenza? Forse che se noi cartoonist raccontassimo ai bambini il mondo degli adulti com’è davvero senza pudori dipingeremmo scene di pace, serenità? Io credo che ci sia tanta ipocrisia in chi si preoccupa della violenza fantastica e non della violenza reale quotidiana che i bambini vedono benissimo».

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