Sono rimasto male quando mio figlio di 7 anni è tornato a casa dopo essere stato da un suo amico e mi ha chiesto «Tu papà per chi voti? Non voterai per quel pazzo di...». Non scrivo il nome perché la mia questione non riguarda la scelta politica, ma l’atteggiamento dei genitori dell’amico, dai quali immagino provenga un modo di affrontare il tema che rasenta l’odio sociale, a giudicare dalle frasi che mi ha riportato mio figlio. A parte che a 7 anni la politica non mi pare al centro degli interessi, sono convinto che si possa parlare di tutto coi figli, ma occorra farlo in modo adatta a loro. Mi sembra grave che si instilli già alla loro età un modo di pensare che vede nemici, persone che sbagliano tutto, pericolose... Abbiamo parlato tanto di pace nei mesi scorsi, cercando di spiegare ai ragazzi quel che succede in Ucraina cercando di renderli consapevoli. Mi vien da pensare che ciò che accade lontano è sempre più semplice da affrontare... ACHILLE
— Caro Achille, intanto l’Ucraina non è così lontana e il nostro Paese ha accolto centinaia di famiglie che i bambini incontrano ora in molte aule scolastiche. Ma credo di comprendere quello che vuoi dire: talvolta è molto più semplice avere parole di comprensione e calore per chi è lontano e non influenza la nostra vita piuttosto che per... il vicino di casa molesto. Fra l’altro quei genitori, oltre a cadere in un errore educativo importante, si sono dimostrati del tutto indifferenti a quale potrebbe essere stata la reazione di tuo figlio o la vostra se proprio quella fosse la vostra scelta politica. Ma quel che conta di più è che non si può presentare ai ragazzi un mondo diviso in modo netto tra Buoni e Cattivi.
Ricordo che metteva in guardia dall’applicare questo stereotipo Daniela Lucangeli in un saggio molto interessante intitolato Guerra. Le parole per dirla (Erickson), scritto con Stefano Vicari, Alberto Pellai e Dario Ianes per dare indicazioni alle mamme e ai papà su come affrontare il tema del conflitto con i bambini e i ragazzi. Figurarsi dunque se un invito valido quando c’è chi spara e uccide non sia obbligatorio quando si parla di uno dei diritti base di un Paese libero. Forse proprio della democrazia varrebbe la pena di parlare ai bambini, che non può piacere solo quando va nella direzione che ci aggrada, oppure del diritto di esprimere le proprie opinioni, senza rischiare lo scherno di qualcuno, per non dire di peggio – la violenza, il carcere – come accade, per nostra fortuna, lontano da noi. Il che, tuttavia, non sarebbe un motivo sufficiente per dimenticarsene.