Gentile dott. Fantoni, le scrivo per avere un aiuto per capire come fare con la famiglia di mio fratello minore, formata da lui, da sua moglie e dai suoi due figli di 20 e 18 anni. In quella famiglia domina la sofferenza e il malessere. Mio fratello è depresso da molti anni ormai, in cura con farmaci, e alterna momenti di profonda tristezza e poca voglia di fare ad altri in cui è un po’ più attivo e si prende cura dei ragazzi. Mia cognata è scontenta e arrabbiata, e, non lavorando, si dedica in modo ossessivo alla pulizia della casa. Non hanno amici né hobby, tranne qualche rara uscita con me e mio marito. Il clima in casa è sempre teso e i miei nipoti reagiscono in modo diverso: il primo è arrabbiato e va male a scuola, ma è molto preoccupato per i suoi genitori. Il secondo invece esce appena può, anche con compagnie non tanto buone, e usa la casa solo per mangiare e dormire. Vorrei fare qualcosa per loro, ma ho paura di sbagliare e di essere invadente. CAROLINA
— Cara Carolina, nella prima pagina di Anna Karenina, Tolstoj afferma che «tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo». Chi vive una situazione familiare serena fatica a capire che cosa sia stare in una famiglia dove magari ci si parla a malapena o si stenta a condividere momenti di piacevole tranquillità, chiacchierando della giornata o guardando un film insieme. Il diverso modo di essere infelici è legato alla particolare atmosfera che si crea in casa nel “mix” di problemi personali e di reazioni a essi da parte dei membri della famiglia.
Per affrontare queste situazioni, non è sufficiente dare indicazioni di cercare aiuto da uno specialista. La prima cosa che potete fare voi che siete vicini a questi congiunti è aiutarli con delicatezza a riconoscere che in casa non si sta bene, e che non è “colpa” di uno o dell’altro dei genitori o dei comportamenti dei ragazzi. Questo passaggio mi sembra necessario per uscire dalla logica della colpa ed entrare in quella della riparazione, cioè del fare qualcosa per poter stare meglio. Che vuol dire che almeno i due adulti accettino che possono farsi aiutare da uno specialista.
E in questo, i farmaci, talvolta necessari, non sono sufficienti. Una depressione non può essere curata soltanto con le medicine: occorre anche dare ascolto ai pensieri di chi la soffre. Così come va ascoltato chi vive con la persona depressa: la moglie, che in questa situazione appare anch’essa sofferente. E i figli, che magari possono temere di sviluppare lo stesso disagio psichico del genitore e cercano, in modi diversi, di “mettersi in salvo”. Se poi ciò non bastasse, e il clima fosse troppo pesante, si può pensare a un intervento che coinvolga insieme i membri della famiglia. Una terapia familiare che aiuti ad affrontare ciò che avviene quando tutte queste persone sono insieme: pensieri non detti, sentimenti e stati d’animo difficili da comunicare.