«Se negli Stati Uniti a bollarti è l’insuccesso, in Italia è il successo che non ti perdonano». Pronunciate di getto come una liberazione, le parole arrivano dopo un’ora che chiacchieriamo. Gabriele Muccino, nei giorni in cui Baciami ancora esce nelle sale di tutta Italia, si sforza di apparire tranquillo. È soddisfatto del copione che ha scritto, del suo lavoro dietro la cinepresa, delle prove del nutrito cast. Convinto della necessità di dare un seguito alle vicende degli immaturi trentenni le cui vite aveva fatto incrociare in L’ultimo bacio, il film del 2001 che, col suo sorprendente successo, gli ha schiuso le porte del cinema che conta. D’altra parte, sa già che una parte della critica storcerà comunque il naso. «Ormai mi hanno affibbiato l’etichetta di cineasta commerciale. Ma è un peccatoportare la gente nelle sale e trasformareil nostro cinema in un’industria?»,domanda accorato Muccino, 42 anni,puntandoti addosso gli occhi azzurrocielo a garanzia della sua sincerità. «Il cinema,quando non ècommerciale, finiscecon le copie al macero.Che lo facciamo afare questo mestiere,se non per farci vederedal pubblico? Lavergogna di esserecommerciali è la piùgrande ipocrisia dellanostra cinematografia.E anche il limitemaggiore. Come artista, rivendico il diritto di far film perla grande platea».
Ha girato Baciami ancora perché obbligato dal successo del primo film?
«No. Sono i personaggiche esigevano che la loro evoluzione fosse raccontata. Il film nasce dall’urgenza di narrare storie che, in qualchemodo, ho vissuto sulla mia pelle. Altroche furbizia commerciale! Lo dicocon grande onestà. In questi anni, negliStati Uniti, ho avuto una tale legittimazionedi ciò che penso vada fatto...».
Con l’attore Will Smith lei ha girato prima La ricerca della felicità e poi Sette anime, film che hanno registrato oltre 60 milioni di spettatori e circa 470 milioni di dollari d’incassi. Contento?
«Certo. Anche perché questi titoli hanno avuto al botteghino andamentosimile a quello de L’ultimo bacio: critichenon eccellenti ma pubblico in crescita, a riprova che erano storie capacidi colpire il cuore della gente. L’esperienzadi Hollywood mi ha insegnato soprattuttola leggerezza di poter fare ciòche il cuore mi dice di fare. Quello che,nel bene e nel male, si dice di me in Italiaoggi non mi preoccupa più. Quando lavoro ci sono semprepaure e ansie, ma mi sento finalmente libero».
Non sempre i sequel funzionano al cinema...
«I migliori sono quelliche hanno senso a prescindere.In L’ultimo bacioraccontavo la pauradi crescere di un gruppodi trentenni spaventatidalle responsabilità. Oraritroviamo i cinque amicidopo dieci anni: quarantenniimperfetti che hanno capitol’importanza di fermarsi piuttosto chefuggire. Ci sono sensi di colpa per ciòche si è sbagliato, ciò che è irrecuperabile,ma anche voglia di migliorarsi, magaridi crederci ancora. Insomma, è la storiadi tutte le storie d’amore. Ed è un filmsulla paternità: i figli ci spingono a scoprirela nostra ragione di esistere».
Attorno ai bambini, in un modo o nell’altro,ruotano oggi i cinque amici. Carlo, pubblicitario dalla vita sentimentalesenza pace da quando ha lasciato Giulia, non sopporta che la figlia Sveva crescacon un altro. L’insicuro Paolo vorrebbeinvece crescere Matteo, che Livia statirando su da sola dopo la fuga di Adriano,solo che questi si ripresenta dopo anni,segnato da amare esperienze, sperandoin un riavvicinamento col figlio. Ed è un bimbo che non c’è, quello che tantovorrebbe Veronica senza riuscire adaverlo da Marco, che sta minando il loromatrimonio. Intanto Alberto continua avivere da sognatore rinfacciando agli altrii loro fallimenti. Una miscela esplosiva che deflagrerà.Momenti duri, perfino scabrosi, che costringerannociascun personaggio a farescelte estreme. Qualcuno non ce la farà,qualcun altro si risolleverà. «Perchéla vita non ci dà sempre le cose come levogliamo», si dirà a un certo punto Carlo,«ma l’importante è che ce le dia». Dialoghi mai banali. Situazioni credibili. Personaggi spesso attraversati daquell’ansia che è il tratto distintivo deinostri giorni. Muccino padroneggia la complessa storia in un modo che piacerà certo al grande pubblico, ma che è ben lungi da superficialità e faciloneria.
Il film funziona anche grazie al grande affiatamento tra Stefano Accorsi, Claudio Santamaria, Giorgio Pasotti, Pierfrancesco Favino, Marco Cocci...
«È stata un’emozione vera rimettereinsieme gli stessi attori de L’ultimo bacio.Da allora, siamo cresciuti tutti prendendostrade diverse, ma ci siamo ritrovatiportando le nostre esperienze».
Ha invece rifiutato Giovanna Mezzogiorno, sostituita da Vittoria Puccini...
«Rifiuto che mi è spiaciuto, precoce e ruvido quanto meno. Ma non parlereidi Vittoria come di un rimpiazzo: con lesue fragilità, è davvero meravigliosa».
E la storia di Martina Stella?
«Una balla. Avevo scritto un cammeo per lei, ma poi ho dovuto tagliarlo. Non poteva rifiutare un film mai offertole».
In L’ultimo bacio c’era però suo fratello Silvio. Adesso, siete ai ferri corti...
«Silvio vive un momento di riflessione che sono costretto a rispettare: non riesco a vederlo da quando son tornato. Cosa c’entrano, però, i nostri genitori? Va bene la ricerca della felicità, ma cercando di non ferire gli altri».